Così papa Francesco ci ha ricordato che il comunismo appartiene al pensiero religioso
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Così papa Francesco ci ha ricordato che il comunismo appartiene al pensiero religioso

Semmai era il comunismo marxista che divide i due pensieri, quasi che i marxisti abbiano imposto una scisma come a dire che i veri apostoli, la vera ala marciante, o i veri sacerdoti, erano loro.

Papa Francesco
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Riccardo Cristiano Modifica articolo

11 Aprile 2021 - 17.15


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Come si chiama il momento più importante di ogni celebrazione cristiana? Si chiama eucarestia. E’ il Sacramento centrale del cristianesimo, definito come prolungamento dell’incarnazione del Verbo, in quanto da un lato commemora e rinnova il sacrificio di Gesù Cristo, e, dall’altro, attua la comunione dei fedeli con il Redentore per cui è chiamato “comunione”.

Mai nella storia di questi duemila il sacramento centrale del cristianesimo è stato chiamato “divisione” o “individualizzazione” o privatizzazione. 
Se allarghiamo lo sguardo, il dato comunitario o se si vuole comunista è centrale anche nell’ebraismo come nell’islam. Troviamo infatti scritto nell’Enciclopedia Treccani al riguardo dell’ebraismo e del famoso giubileo che nell’ebraismo origina: “Presso gli Ebrei antichi, festività che ricorreva ogni cinquantesimo anno, santificata con il riposo della terra (per cui erano vietati semina e raccolto), con la restituzione della terra al primitivo proprietario, quando un ricco se ne fosse impossessato, e con la liberazione degli schiavi”. Nell’islam poi abbiamo una scelta molto chiara: la comunità dei credenti sostituisce il vecchio ordine tribale creando una mega tribù, che unisce tutte le superate tribù con un unico capo, il successore del Profeta Maometto, e un consiglio degli anziani. 
Credo che sia sufficiente per capire cosa è successo oggi, cosa abbia detto Papa Francesco. In questa domenica di grande importanza perché festa, istituita da Giovanni Paolo II, della Divina Misericordia, Francesco ha detto: “ Dopo la sua risurrezione, Gesù opera la risurrezione dei discepoli che ”misericordiati, sono diventati misericordiosi. Lo vediamo nella prima Lettura. Gli Atti degli Apostoli raccontano che ‘nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune’. Non è comunismo, è cristianesimo allo stato puro. Ed è tanto più sorprendente se pensiamo che quegli stessi discepoli poco prima avevano litigato su premi e onori, su chi fosse il più grande tra di loro. Ora condividono tutto, hanno ‘un cuore solo e un’anima sola’. Come hanno fatto a cambiare così? Hanno visto nell’altro la stessa misericordia che ha trasformato la loro vita. Hanno scoperto di avere in comune la missione, il perdono e il Corpo di Gesù: condividere i beni terreni è sembrato conseguenza naturale. Il testo dice poi che ‘nessuno tra loro era bisognoso’. I loro timori si erano dissolti toccando le piaghe del Signore, adesso non hanno paura di curare le piaghe dei bisognosi. Perché lì vedono Gesù. Perché lì c’è Gesù”.
Nell’omelia Francesco ha ricordato  che i discepoli “vengono misericordiati, attraverso tre doni: dapprima Gesù offre loro la pace, poi lo Spirito, infine le piaghe”. In primo luogo “dà loro la pace. Quei discepoli erano angosciati. Si erano chiusi in casa per timore, per paura di essere arrestati e di fare la stessa fine del Maestro. Ma non erano chiusi solo in casa, erano chiusi anche nei loro rimorsi. Avevano abbandonato e rinnegato Gesù. Si sentivano incapaci, buoni a nulla, sbagliati. Gesù arriva e ripete due volte: ‘Pace a voi!’. Non porta una pace che toglie i problemi di fuori, ma una pace che infonde fiducia dentro. Non una pace esteriore, ma la pace del cuore”. E i discepoli si sentono misericordiati: sentono che Dio non li condanna, non li umilia, ma crede in loro”. Per Dio “nessuno è sbagliato, nessuno inutile, nessuno escluso”.
L’odierna omelia di Francesco ci fa capire che la storia del cristianesimo è stata capovolta dai tempi dell’imperatore Costantino per fatti contigenti, inducendo a un’alleanza con poteri terreni. Ma questa era la cifra reale. E leggendo i Vangeli come i testi dei padri della Chiesa emerge chiaramente. La teoria dell’eterna sinistra, che affonda nell’identità religiosa del pensiero definito di sinistra, non è una teoria elaborata da pensatori della sinistra religiosa, la riportano e condividono anche intellettuali non di sinistra, come Ernst Nolte, ad esempio.
Questa semplice verità fattuale, e cioè che il comunismo appartiene al pensiero religioso, è stato cancellato da secoli di storia di lotte di potere e per il potere, che nulla hanno a che fare con il pensiero religioso ebraico, cristiano, islamico. 
Quanto detto da Francesco nel suo recente messaggio a Fondo Monetario Internazionale e Banca Mondiale ci conferma questo elemento oggettivo, come ci conferma che questa visione era la visione ad esempio di Giovanni Paolo II, che un grande storico del cristianesimo, il professor Massimo Borghesi, ha detto che puntava a “una teologia della liberazione senza marxismo”. Proprio come Francesco. E’ il comunismo marxista che divide i due pensieri, quasi che i marxisti abbiano imposto una scisma come a dire che i veri apostoli, la vera ala marciante, o i veri sacerdoti, erano loro. Ma perché, cosa ha detto Francesco a FMI e Banca mondiale poche ore fa?  Francesco ha espresso gratitudine per l’opportunità di poter partecipare ai lavori con un suo messaggio e dice chiaramente che la sua speranza riguarda la ripresa, ma bisogna capire quale ripresa: “La nozione di ripresa non può accontentarsi di un ritorno a un modello diseguale e insostenibile di vita economica e sociale, dove una minuscola minoranza della popolazione mondiale possiede la metà della sua ricchezza.” 
Dunque la pandemia ci obbliga a scegliere, ora: vogliamo uscire dalla crisi pandemica migliori o peggiori? Se vogliamo uscirne migliori per Francesco “occorre escogitare forme nuove e creative di partecipazione sociale, politica ed economica, sensibili alla voce dei poveri e impegnate a includerli nella costruzione del nostro futuro comune”. Bergoglio dunque chiede espressamente che anche le nazioni più povere partecipino ai processi decisionali e che si riduca il debito internazionale che la pandemia ha ulteriormente aggravato. Per Francesco però tutto questo non basta. E infatti nel testo indica un’altra figura, “il debito ecologico”! Un debito che corre tra nord e sud del mondo.  Si tratta del degrado ecologico indotto dall’uomo e dalla perdita di biodiversità. Questo debito va ripagato: “Credo che l’industria finanziaria, che si distingue per la sua grande creatività, si dimostrerà capace di sviluppare meccanismi agili per il calcolo di questo debito ecologico, in modo che i paesi sviluppati possano pagarlo, non solo limitando significativamente il loro consumo di energia non rinnovabile o aiutando i paesi più poveri ad attuare politiche e programmi di sviluppo sostenibile, ma anche coprendo i costi dell’innovazione necessaria a tale scopo”. 
La storia, per Francesco si fa con la solidarietà, con la quale si eliminano le cause strutturali della povertà, della negazione di diritti sociali, del lavoro. Dunque è tempo di rimboccarsi le maniche, perché il punto di partenza per questa via d’uscita migliorati e non peggiorati dalla pandemia riguarda l’oggi: sta nel  “ lavorare insieme per fornire vaccini per tutti, soprattutto per i più vulnerabili e bisognosi”. Più che un messaggio potremmo parlare di road map per il futuro, quello che comincia domani. 
Abbandonare categorie ormai vetuste, come quelle di materialismo storico, materialismo dialettico, ateismo di Stato, partito unico, lotta di classe, dittatura del proletariato, collettivismo, capire che l’indicazione ha un valore culturale, spirituale, tendenziale, non vuol imporre “una dittatura di sorta alcuna” consentirebbe alla sinistra di ritrovare un senso nelle società contemporanee recuperando e non deformando un pensiero che conosce bene, perché quello che diede vita all’eterna sinistra. 

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