Il cardiologo: "Con il Covid chi ha l'infarto continua ad andare in ritardo in ospedale"

Il cardiologo Francesco Romeo: "Se ci sono un dolore toracico, la dispnea acuta o l'astenia, le palpitazioni, questi sono equivalenti ischemici e occorre chiamare il 118 o un medico"

Francesco Romeo
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3 Febbraio 2021 - 18.14


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Il cardiologo Francesco Romeo, presidente della Fondazione italiana cuore e circolazione Onlus, facendo il punto sugli effetti della pandemia sui pazienti con patologie cardiovascolari ha spiegato: “Ancora tanti pazienti con infarto in corso arrivano tardi in ospedale perché pensano che alcuni sintomi siano riferibili al Sars-CoV-2. Ma non è così e pochi minuti possono fare la differenza. La difficoltà respiratoria che ci può essere in un infarto viene confusa come un sintomo di positività e si decide di non andare al pronto soccorso. Un fenomeno ancora molto presente in tanti ospedali italiani anche in questa seconda fase della pandemia”.
“Dall’inizio dell’emergenza – aggiunge Romeo, già direttore della Cardiologia del Policlinico Tor Vergata di Roma – sono stati rimandati il 30% degli interventi al cuore, soprattutto quelli di cardiologia interventistica. Dobbiamo essere chiari”, precisa lo specialista: “Se ci sono un dolore toracico, la dispnea acuta o l’astenia, le palpitazioni, questi sono equivalenti ischemici e occorre chiamare il 118 o un medico. Non si deve aver paura del Covid o di andare al pronto soccorso”.
“È anche grave che in alcuni ospedali si stiano penalizzando gli interventi con la Tavi (l’impianto valvolare aortico transcatetere) – prosegue lo specialista – È quindi il caso di riattivare le attività per rispondere ai bisogni dei tanti pazienti anziani cardiopatici che attendono un intervento. A questa popolazione dobbiamo poi dare subito il vaccino anti-Covid, perché abbiamo visto che hanno un rischio di mortalità superiore se contraggono il virus”.

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