Se anche i benpensanti liberali dipingono (per ignoranza) Bergoglio come un marxista
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Se anche i benpensanti liberali dipingono (per ignoranza) Bergoglio come un marxista

Una intervista sul Giornale del berlusconiano Antonio Martino 'sconcertato' per le parole del Papa sulla proprietà privata. Ma si tratta della dottrina sociale della Chiesa

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Riccardo Cristiano Modifica articolo

8 Dicembre 2020 - 14.25


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Novità: sembrerebbe che  cultura liberale abbia un nuovo fondamento, l’ ignoranza. L’ignoranza nel senso del non conoscere la cultura altrui e di dimostrarlo commentandola con una certa arroganza. Questo appare davvero sorprendente, vista la grande conoscenza, anche delle altrui culture, che il liberalismo ha testimoniato a lungo e quanto meno in tanti e notissimi casi. Ora accade però che uno dei nomi più illustri e apprezzati dell’universo liberale, Antonio Martino, ritenga Papa Francesco un “marxista argentino”. 

In un’intervista a Il Giornale ha commentato questo brano attribuito a Francesco:  “il diritto alla proprietà privata è un diritto naturale secondario derivato dai diritti di cui tutti sono titolari, scaturito dai beni creati non vi è giustizia sociale in grado di affrontare l’iniquità che presupponga la concentrazione della ricchezza.” 

L’ex ministro ha letto e affermato che questa è un’idiozia, aggiungendo che Bergoglio è un marxista argentino che ha l’impudenza di chiamarsi Francesco, un santo che però non è famoso per la difesa della concentrazione della ricchezza.  

Io rispetto ad un uomo colto come l’ex ministro Martino non sono che l’ultima ruota del carro, ma ho cominciato -per esprimermi al riguardo- dal catechismo della Chiesa cattolica, nella stesura attuale, che venne redatta quando Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede era il cardinal Joseph Ratzinger. Vi si legge:  “ Il diritto alla proprietà privata, acquisita o ricevuta in giusto modo, non elimina l’originaria donazione della terra all’insieme dell’umanità. La destinazione universale dei beni rimane primaria, anche se la promozione del bene comune esige il rispetto della proprietà privata, del diritto ad essa e del suo esercizio. L’uomo, usando dei beni creati, deve considerare le cose esteriori che legittimamente possiede, non solo come proprie, ma anche come comuni, nel senso che possano giovare non unicamente a lui, ma anche agli altri” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 69]”. 

Ora, questa cultura può non piacere ad Antonio Martino, è un suo diritto definire la dottrina sociale della Chiesa un’idiozia, o se preferisce, “comunismo”. Ma se anche Antonio Martino si fosse preso la briga di leggersi il Catechismo, forse, per puro desiderio di conoscenza e comprensione del pensiero altrui, avrebbe provato come il desiderio di capire da dove venga questa visione, e avrebbe trovato che un padre della Chiesa, San Giovanni Crisostomo,  commemorato come santo dalla Chiesa cattolica, dalla Chiesa ortodossa e venerato dalla Chiesa copta, scrisse che “non dare ai poveri parte dei propri beni è rubare ai poveri, è privarli della loro stessa vita; e quanto possediamo non è nostro, ma loro” Questo lo troverà, se fosse interessato ad approfondire, in De Lazaro, II, 6: PG 48, 992D. 

San Giovanni Crisostomo pure era un comunista? Forse era un comunista, ma non argentino, visto che non nacque né visse lì. Arrivato qui potrebbe essere che Antonio Martino, da buon liberale e da buono studioso, volesse risalire alla fonte, all’origine di questa “idiozia”. Un buon suggerimento potrebbe essere quello di approdare a Vangelo di Matteo, 19:24. Sul sito “la parola.net” gli spiegheranno tutto, senza bisogno di andare a rileggere anche l’Antico Testamento: “Dopo aver parlato con il giovane ricco, Gesù affermò che è più facile per un cammello passare attraverso la cruna di un ago, che per un ricco entrare nel regno di Dio. Il significato deve essere che è impossibile, perché è impossibile per un cammello passare attraverso una cruna, almeno per noi. Infatti, nel Talmud (trattato Berakhot 55b), un libro ebraico scritto in Babilonia circa 500 anni dopo il tempo di Cristo, un elefante che passa attraverso una cruna di un ago è una metafora per una cosa impossibile; nella Palestina, il cammello era un sostituto naturale per un elefante. E così questo è forse il detto più difficile per noi dell’Occidente di tutto quello che Gesù disse. Ma Dio è l’esperto nel fare cose impossibili, per cui Gesù proseguì (Mt 19:26) che anche se era impossibile agli uomini (sia far passare un cammello attraverso una cruna, sia entrare nel regno di Dio se ricco), era possibile per Dio. Siccome è difficile per noi accettare un insegnamento così duro (come era difficile anche per gli apostoli (Mt 19:25), durante la storia alcuni tentativi sono stati fatti per rendere l’insegnamento più accettabile. Per esempio, a volte è detto che c’era una porta nelle mura di Gerusalemme chiamata “la cruna dell’ago”, attraverso cui era possibile per un cammello passare se si inginocchiava e era senza carico. Quindi sarebbe stato possibile ma difficile, e un ricco sarebbe potuto entrare nel regno sulle ginocchia e senza i propri possessi. Il problema con questa spiegazione è che in realtà una tale porta non esisteva. La storia della porta esiste dal 15esimo secolo, ma non c’è nessuna evidenza storica della porta. Probabilmente la storia fu inventata per evitare l’insegnamento duro di Gesù, ed è stata tramandata fin ad oggi ” .

Tutto questo è interessante, no? Ma c’è un dettaglio più interessante. Torniamo alla frase di Bergoglio citata nell’intervista:il diritto alla proprietà privata è un diritto naturale secondario derivato dai diritti di cui tutti sono titolari, scaturito dai beni creati non vi è giustizia sociale in grado di affrontare liniquità che presupponga la concentrazione della ricchezza.” Se al Giornale avessero letto Globalist avrebbero messo il punto dopo “beni creati” e prima di “non vi è”: la frase così acquista un senso compiuto, se invece la si prende da un giornale che la cita (Repubblica?) togliendo “e prosegue affermando che” perde di senso, anche per i liberali come Martino, suppongo. Queste sono questioni di forma che davanti alla sostanza dell’accusa cambierebbero poco. Così poco che viene da chiedersi: perché non rileggerla almeno la frase che si commenta? Perché il bisogno, l’urgenza è quella di attaccare, di presentare Bergoglio per quello che non è: un collettivista.  Anche i liberali dovrebbero sapere che Papa Francesco ha detto che la dignità di ognuno passa dal rispetto del suo diritto al lavoro, alla terra, alla casa. E’ collettivismo questo? 

Ma bisogna rispettare anche il punto di vista di Antonio Martino per sentirsi a posto dicendo che insultare non è argomentare, ma la prova di quanto faccia paura ai “benpensanti” un papa legato al Vangelo come Jorge Mario Bergoglio. 

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