Gli anti-Bergoglio usano Ratzinger in cerca di una visibilità che da soli non avrebbero
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Gli anti-Bergoglio usano Ratzinger in cerca di una visibilità che da soli non avrebbero

Le “ultime domande” nella biografia di Benedetto XVI contengono affermazioni che il Papa emerito ha sempre fatto. Ma chi trama contro Francesco usa il Papa emerito in maniera strimentale

papa ratzinger
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Riccardo Cristiano Modifica articolo

7 Maggio 2020 - 15.21


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Desta davvero tanto interesse la teologia di Joseph Ratzinger? La domanda mi sembra legittima perché al tempo del suo pontificato il papa teologo non lesinò argomentazioni, non sempre riprese con dedizione dalla stampa. Faccio un esempio: non voglio parlare delle sue numerose udienze del mercoledì, o delle elaboratissime omelie pasquali, natalizie e altre ancora. No, mi piace riprendere quanto disse nei giorni successivi all’annuncio della sua rinuncia al ministero petrino.


Era il 13 febbraio 2013 quando, poco dopo il suo ingresso nell’aula Paolo VI, davanti a migliaia di fedeli, dopo aver ricordato le ragioni che lo avevano condotto al grande passo, aggiunse: “le prove a cui la società attuale sottopone il cristiano sono tante e toccano la vita personale e sociale. Non è facile essere fedeli al matrimonio cristiano, praticare la misericordia nella vita quotidiana, lasciare spazio al silenzio interiore; non è facile opporsi pubblicamente a scelte che molti considerano ovvie, quali l’aborto in casi di gravidanza indesiderata, l’eutanasia in casi di malattia grave, o la selezione degli embrioni per prevenire malattie ereditarie”.

Indubbiamente non parlò dei matrimoni gay, come ha fatto nell’intervista che in questi giorni ha suscitato tanto scalpore, ma lo spartito è lo stesso di oggi. Eppure questo punto ha suscitato tanto clamore, perché da quando il suo biografo ha fatto sapere che avrebbe aggiunto queste “ultime domande” nella biografia di Benedetto XVI si è scritto quasi ovunque che Ratzinger ha attaccato il suo successore. A me sembra che Ratzinger abbia ripetuto se stesso, magari aggiornando il catalogo delle sfide “relativiste” citando il matrimonio omosessuale, che nel 2013 non si era così affermato. Per il resto si potrebbe quasi ipotizzare che abbia ripreso quel discorso, cambiato qualche espressione, e riproposto quel che disse il 13 febbraio 2013. Sarebbe stato Ratzinger se non avesse detto quel che ha detto in un’occasione così importante? Io direi che se qualcuno non avesse ritenuto di porgli delle “ultime domande” ma avesse scelto di aggiungere alla sua biografia “le ultime parole da papa”, avrebbe scelto queste e sarebbe cambiato poco. Sarebbe cambiato poco?


Sì, sarebbe cambiato poco perché i veri problemi a me sembra che siano altri. Li cito per ordine di importanza. Il primo problema che mi sembra evidente in tutta la sua rilevanza è che la Chiesa cattolica è arrivata impreparata alle dimissioni di un papa. L’ipotesi era stata allo studio sia di Paolo VI che di Giovanni Paolo II, Paolo VI si dice che avesse anche deciso dove trascorrere gli ultimi di vita dopo le dimissioni. L’ipotesi è stata pensata da loro, ma non è stata affrontata in termini di “gestione”. E questa è l’impreparazione che la Chiesa cattolica ha dimostrato in questi anni: non era preparata a “gestire” il ritiro di un uomo che è stato papa, ma non lo è più. Già nella scelta del titolo di “papa emerito” si coglie questa impreparazione. A mio avviso, ma forse sbaglio, il titolo giusto sarebbe quello di “vescovo emerito di Roma”.


Il collegio dei cardinali elegge il vescovo di Roma. Ogni diocesi ha un vescovo, sovente accada che abbia un vescovo emerito. Anche Roma può avere il suo vescovo emerito. Questo titolo non avrebbe risolto tutti i problemi, ma avrebbe aiutato. Ci sarebbero stati le magliette “il mio papa è Benedetto”? Forse sì, ma se la diocesi di Roma avesse avuto il suo vescovo emerito forse l’idea di una diarchia sarebbe stata meno facilmente utilizzabile. “Utilizzabile”…. E qui veniamo al secondo problema. Questo problema si chiama “intenzioni”.
Molto spesso i fatti sono determinati dalle intenzioni. Facciamo un esempio. Cosa si celi dietro questi testi di Ratzinger nessuno lo sa. Sono elaborazioni del tutto originali? Sono elaborazioni di pensieri unite a rielaborazioni? Ora è chiaro che se anche a me, prossimo alla fine dei miei giorni, mi dicessero se voglio aggiungere qualche parola per la mia biografia potrei dire di sì. Potrebbe farmi piacere. Poi uscirà la mia biografia e qualcuno avrà sistemato questi miei pensieri in un ragionamento coerente, potrei dirmi. Ma se chi mi ha formulato quelle “ultime domande” poi ne fa avere un’anticipazione al sito che quotidianamente riversa una valanga di insulti sulla persona che mi è subentrata sul posto di lavoro, qui si svelerebbe un’intenzione. Intenzione mia? O intenzione di chi ha scelto proprio quel sito? Io lo sapevo? Ne sono stato informato? Avevo acconsentito? E non è accaduto proprio questo?


Le intenzioni di certi ambienti possono essere giudicate buone o cattive. A me sembrano cattive, cattivissime, cioè seminare discordia, dividere. Se volessimo essere ingenui potremmo dire che Francesco non ha mai difeso né l’aborto né il matrimonio omosessuale. Ma questa ingenuità non ci serve. Questo nuovo testo di Ratzinger ci conferma che lui e Bergoglio hanno due linguaggi, due approcci al mondo in cui a differire non sono i punti di partenza, ma quelli di arrivo: in Ratzinger c’è la nostalgia del mondo perduto, in Bergoglio c’è l’ansia del mondo nuovo. Ma qui già entriamo in una discettazione fuorviante. Ratzinger in questo testo che viene definito un attacca a Bergoglio parla di sé criticando soprattutto la teologia cattolica tedesca che non lo ama, che parla delle compromissioni o acquiescenze ecclesiali con il nazismo più che di aborto. Ratzinger si conferma il grande contraddittore del suo ambiente, la teologia tedesca, che contraddice. Non è cosa da poco, non si tratta di nascondere problemi e significati. Si tratta di vedere le intenzioni. Questo pasticcio del papa emerito ha offerto la possibilità di inserire altre intenzioni su quelle del vescovo emerito, che ripeto, in quel testo per quanto ho potuto leggere mi sembra guardare soprattutto alla Germania, alla teologia tedesca. Insomma, se qualcuno voleva criticare, anche duramente, Papa Francesco, perché non lo ha fatto in prima persona?

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