Un enorme lago salato su Marte: la grande ricerca italiana va a segno nello spazio
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Un enorme lago salato su Marte: la grande ricerca italiana va a segno nello spazio

Un traguardo storico nello studio del Pianeta Rosso e che è stato possibile grazie ai dati raccolti dal radar italiano Marsis, dall'Agenzia Spaziale Italiana, da Inaf, Cnr e dai nostri atenei

Il pianeta rosso
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25 Luglio 2018 - 16.33


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Nel sottosuolo di Marte c’è un enorme lago salato che potrebbe custodire forme di vita. Il lago si trova a circa un chilometro e mezzo di profondità ed è stato scoperto da un gruppo di ricercatori italiani che ne hanno dato l’annuncio sulla rivista Science. Si tratta della prima, solida evidenza della presenza di acqua allo stato liquido sul Pianeta Rosso. Una scoperta storica, che è stata resa possibile grazie ai dati raccolti dal radar italiano Marsis (da Mars Advanced Radar for Subsurface and Ionosphere Sounding) a bordo della sonda europea Mars Express. Si tratta dunque di una scoperta italiana che ha visto la collaborazione di ricercatori dell’Agenzia Spaziale Italiana (Asi), dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf), dell’Università degli studi Roma Tre, dell’Università degli studi D’Annunzio, del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) e della Sapienza Università di Roma.
“La scoperta di un lago di acqua liquida nel sottosuolo di Marte “è una delle più importanti degli ultimi anni”: lo ha detto il presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana (Asi), Roberto Battiston commentando i risultati del radar italiano Marsis (Mars Advanced Radar for Subsurface and IonosphereSounding) a bordo della sonda Mars Express, dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa). “Sono decenni che il sistema spaziale italiano è impegnato nelle ricerche su Marte insieme a Esa e Nasa. I risultati di Marsis – ha rilevato Battiston – confermano l’eccellenza dei nostri scienziati e della nostra tecnologia e sono un’ulteriore riprova dell’importanza della missione europea a leadership italiana ExoMars, che nel 2020 arriverà sul pianeta rosso alla ricerca di tracce di vita”.

E’ un gioiello della ricerca, della tecnologia e dell’industria italiana, il radar Marsis, l’unico radar in grado di esplorare il sottosuolo di Marte fino alla profondità di cinque chilometri. Proposto alla fine degli anni ’90 da un gruppo di ricercatori italiani e realizzato dall’Agenzia Spaziale Italiana (Asi), il radar Marsis (Mars Advanced Radar for Subsurface and IonosphereSounding) è stato costruito in Italia dalla Thales Alenia Space (Thales-Leonardo) ed è il fiore all’occhiello della missione Express, lanciata il 2 giugno 2003 dall’Agenzia Spaziale Europea (Esa). E’ stato progettato sotto la guida scientifica di Giovanni Picardi, dell’università Sapienza di Roma, mentre la Nasa, attraverso il Jet Propulsion Laboratory (Jpl) e l’Università dell’Iowa, ha fornito una parte dell’elettronica e una delle antenne. Per le sue caratteristiche uniche, il radar Marsis “è uno strumento di concezione innovativa”, ha osservato Enrico Flamini, uno degli ideatori del radar e responsabile dello strumento per l’Asi. “Marsis – ha aggiunto – è completamente diverso da qualsiasi altro radar mai sperimentato in una missione spaziale”. Nonostante Mars Express sia entrata nell’orbita marziana nel dicembre 2003, soltanto nel 2005, dopo lunghe verifiche per la sicurezza, Marsis ha potuto dispiegare le sue tre antenne lunghe e sottilissime, due delle quali raggiungono 20 metri e la terza sette. Mai prima di allora antenne di quel tipo erano state utilizzate nello spazio. Un’altra caratteristica unica di questo radar sono i segnali radio a bassa frequenza, compresi fra 1,5 e 5 MegaHertz: grazie ad essi è stato possibile ‘riconoscere’ la presenza di acqua in profondità. Il radar funziona inviando impulsi in grado di penetrare attraverso la superficie e lo strato di ghiaccio, quindi le radio-onde vengono riflesse in modo diverso dagli ostacoli che incontrano nel sottosuolo, in modo da fornire informazioni utili a identificarne la natura.

A questa meravigliosa scoperta dedichiamo una altrettanto favolosa canzone. Perché forse, davvero, ci potrebbe essere vita su Marte. 

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