Quando Roma era povera ma bella e aveva il suo grande fiume

Elegia del Tevere, ben più di un corso d'acqua, ma arteria della Capitale attraversata dai suoi barcaroli. Qui abbiamo nuotato, ballato, ci si siamo giurati amore eterno. Ora il fiume è come sparito

Il Tevere negli anni Cinquanta
Il Tevere negli anni Cinquanta
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Giancarlo Governi Modifica articolo

19 Ottobre 2017 - 15.05


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Er barcarolo va contro corente
e quanno canta l’eco s’arisente
si’ è vero fiume che tu dai la pace
fiume affatato fammela trova’ 

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Nei versi della canzone di Romolo Balzani il Tevere di una volta lo dicevano affatato perché aveva una sua magia, era il sangue che scorreva in una colossale arteria e portava linfa vitale alla città. Il Tevere era vita, era morte, era gioia, era passione, era amore e disamore. Ispirava canzoni che ancora risuonano nella nostra memoria e suscitava anche istinti di morte per un amore che finisce e che sembra portarsi via i sogni e i palpiti del cuore.
“Me vado a buttà a fiume”, dicevano e magari si buttavano nei pressi del barcone del Ciriola, per dare al grande fiumarolo l’occasione di appuntarsi un’altra medaglia sul petto.Quando ero ragazzo io, il Tevere era pieno di barconi galleggianti dove si prendeva il sole e ci tuffavamo sorvegliati da fiumaroliprovetti, il più famoso era Er Ciriola, che stava sotto il PonteSant’Angelo, ed era più affollato di Ostia il giorno di Ferragosto. Er
Ciriola era famoso per aver salvato dalle acque del Tevere tanta gente, per lo più innamorati delusi, che si andavano a buttare a fiume nei pressi di Ponte Sant’Angelo dove erano sicuri che Er Ciriola l’avrebbe salvati. Loro avevano dimostrato di saper fare il “gesto estremo” e Er Ciriola si appuntava sul petto l’ennesima medaglia al valore civile. Oggi nessuno si butta più a fiume perché non c’è più Er Ciriola, né altri fiumaroli razza estinta, a salvarli, e poi perché si muore davvero, se non affogati, di leptospirosi, come Gianni Buffardi, il genero di Totò.
Il Ciriola stava sotto Ponte Sant’Angelo, all’ombra del Castello nei cui bastioni noi ragazzi ingaggiavamo interminabili partite di pallone. Il Ciriola era la riviera dei romani dove si poteva fare il bagno in sicurezza sorvegliati dal grande fiumarolo, dove giocavamo,
ballavamo e dove nascevano e si dissolvevano i primi amori. Anche il cinema aveva fatto il set su quel mitico barcone, il nostro Dino Risi con Poveri ma belli ma anche Hollywood di Vacanza romane, con Gregory Peck e Audrey Hepburn, quando gli americani avevano portato Hollywood a Roma, che si cullava nella dolce vita di Fellini. Hollywood sul Tevere si chiamò quella memorabile stagione.
A Capodanno uno strano signore belga che si faceva chiamare Mister OK, puntualmente si tuffava da ponte Marconi con il cilindro in testa, una sua bizzarra maniera per augurare buon anno. Sul Tevere, prima che costruissero i muraglioni, la gente ci abitava, poi le case furono demolite e gli abitanti deportati, ma il fiume continuò a vivere: si vedevano sfrecciare i canottieri, i barcaroli con la loro lenta e solenne remata, i pescatori con la canna e con la rete….
Il 9 gennaio del 1900, all’alba del secolo, nove giovanotti romani sulle rive del Tevere, a piazza della Libertà, fondarono la Lazio. E lo fecero proprio lì per sfidare, loro podisti cultori dello sport più povero, i canottieri cultori dello sport più ricco. Ne è passata tanta di acqua sotto i ponti del Tevere ma la Lazio ci sta ancora ed è diventata la più antica e più grande polisportiva d’Europa, mentre i canottieri che sfrecciano sul fiume sono sempre più rari.
Insomma, un Tevere che non c’è più e che è stato sottratto ai romani per sempre.

 

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