Guerra in Ucraina, propaganda russa e le difficoltà dell'intelligence italiana

Per molti anni la pericolosità dello spionaggio russo è stat sottovalutata pensando che con la fine della guerra fredda nulla fosse come prima. il caso Burlinova ne è una conferma

Guerra in Ucraina, propaganda russa e le difficoltà dell'intelligence italiana
Natalia Burlinova arrestata per spionaggio negli Usa
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Gianni Cipriani Modifica articolo

2 Settembre 2023 - 15.33


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Breve premessa: Il 17 aprile 2023, il dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha incriminato Burlinova per il presunto coinvolgimento come agente non autorizzato del governo russo durante il periodo compreso tra il 2014 e il 2022. L’accusa principale è quella di aver reclutato cittadini statunitensi per partecipare al programma conosciuto come “Incontro con la Russia”, ideato dal servizio segreto russo FSB con l’obiettivo di reclutare nuovi agenti all’interno degli Stati Uniti.

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L’arresto di Burlinova è avvenuto il medesimo giorno a Detroit, nello stato del Michigan, ed attualmente si trova in custodia federale, in attesa del processo.

Nel contesto italiano, Burlinova è oggetto di accuse concernenti la sua presunta attività come spia al servizio del governo russo durante il periodo dal 2014 al 2018. Le accuse vertono principalmente sulla raccolta di informazioni relative alle attività della Nato e degli Stati Uniti all’interno del territorio italiano.

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In quegli anni i presidenti del consiglio sono stati Matteo Renzi (dal 22 febbraio 2014 al 12 dicembre 2016) e Paolo Gentiloni (dal 12 dicembre 2016 al 1 giugno 2018) mentre l’attività di controspionaggio – dopo la riforma – era stata assegnata all’Aisi, Agenzia informazioni e sicurezza interna, ossia il vecchio Sisde.

A quanto sembra, anche se si parla non dell’oggi ma del recente passato, aver saputo dagli Stati Uniti e non da fonti proprie, che per quattro anni una spia russa abbia agito sostanzialmente indisturbata in Italia non è stata una bella notizia per la nostra intelligence.

E questo è successo non tanto per incapacità del nostro contropionaggio (anche se evidentemente lacune ci sono state) e di chi doveva monitorare la sicurezza interna ma perché in questa fase la Russia di Putin era abbastanza sottovalutata come minaccia nonostante l’illegale annessione della Crimea, molti – come è noto – consideravano Putin un moderato e liberale al quale spalancare le porte e diventare dipendenti dalle sue forniture energetiche mentre il pericolo era l’Isis e Putin, come alleato e ‘padrone’ di Assad aveva mandato le sue truppe a combattere in Siria contro i jihadisti, tra l’altro utilizzando molti degli aguzzini e dei ciminali che si stanno macchiando di cose orrende in Ucraina.

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C’è poi da aggiungere il ben più clamoroso caso della fuga di Artem Uss, l’imprenditore russo 40enne fuggito lo scorso 22 marzo da Basiglio, dove si trovava agli arresti domiciliari in attesa di essere estradato negli Stati Uniti.

Use, figlio di un potente oligarca russo era stato rrestato il 17 ottobre a Malpensa mentre partiva per la Turchia – l’America lo accusa di violazione d’embargo nei confronti del Venezuela per contrabbando di petrolio verso Cina e Russia, frode bancaria, riciclaggio e soprattutto esportazione illegale di tecnologie militari dagli Usa alla Russia -, Uss era rimasto in carcere fino al 2 dicembre, quando era stato messo ai domiciliari in un casa di borgo Vione affittata da sua moglie Maria Yagodina. Il 21 marzo l’ok dei giudici milanesi all’estradizione e il giorno dopo la fuga. 

Una fuga degna di un film di spionaggio, quando un commando (indisturbato) ben equipaggiato arrivò alla villa prese Artem Uss, arrivò in poche ore al confine con la Slovenia, lo oltrepassò per poi puntare sulla Serbia e da lì Uss fu portato in Russia.

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L’opposizione, in maniera abbastanza miope, chiese conto a Nordio il quale – ovviamente – disse che i domiciliari erano stati decisi dalla magistratura e sostanzialmente se ne lavò le mani promettendo una ispezione.

In realtà la fuga di Uss ha rappresentato un fallimento dell’intelligence: nessun controllo sul territorio per un arrestato di tale lignaggio tra l’altro con accuse che riguardavano direttamente le materie proprie dei servizi. Senza dimenticare che l’invasione dell’Ucraina c’era stata da mesi e questo avrebbe dovuto alzare – e di molto – la soglia d’attenzione.

Nello stesso tempo nessuna attività informativa dall’estero che segnalasse il piano di ‘esfiltrazione’ portato avanti da da forze speciali private (non esiste solo la Wagner) e che doveva attraversare più paesi. Perché non incalzare Piantedosi e soprattutto Mantovano?

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Senza dimenticare che – in futuro se ne capirà meglio – le attività di contrasto alla propaganda e disinformazione russa sono state deboli e confuse e. – in alcune occasioni – sono apparse perfino persecutorie nei confronti di persone contrarie alla posizione del governo sul sostegno all’Ucraina dimostrando di non saper distinguere il libero pensiero costituzionalmente garantito in Italia dalle attività di influenza che sono ben altra cosa. Tra l’altro, paradossalmente, dando argomenti alla propaganda putiniana e al suo insistere sulla ‘russofobia’.

Di fronte a questo scenario torna in mente una storia di cui avevo già parlato su Globalist tempo fa quando avevo parlato delle attività di spionaggio della Federazione Russa non più sovietica nel periodo della presidente Elstin. All’epoca fu scoperta una attività dell’Svr russo che avveniva attraverso agenti segreti accreditati come diplomatici in Italia.

In particolare su trattava di un diplomatico accreditato presso il Consolato russo di Milano – un ufficiale della linea tecnologica dell’Svr (erede del Kgb) di nome Surov – che cercava di trovare il modo di impossessarsi delle lenti di un carro armato di fabbricazione italiana all’epoca tecnologicamente molto avanzato. Per questo la rete spionistica aveva messo gli occhi sulla Galileo.

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L’operazione che venne condotta dal controspionaggio dell’epoca, ossia la prima divisione del Sismi (solo dopo il contropionaggio è passato alla intelligence interna) ha avuto tratti romanzeschi. A partire dal fatto che ad un certo punto gli agenti italiani riuscirono a sostituirsi alla ‘fonte’ dei russi, che in realtà da un certo momento in poi mentre pensavano di trattare con un dipendente infedele di un’azienda in realtà si interfacciarono con un operativo del Sismi.

Questo consentì non solo di scoprire a cosa dessero la caccia i russi ma anche di capire quali erano le altre spie di Mosca utilizzate da Surov fino a identificare l’intera rete.

Poi l’epilogo, anche in puesto caso romanzesco: i russi avevano chiesto che la consegna delle sospirate lenti per carri armati e i documenti relativi fossero consegnati in un giorno vicino Natale 1992 tramite un pony express, per mascherare la consegna ed evitare un contatto diretto tra la fonte (ossia l’impiegato infedele che in realtà era un agente sotto copertura) e Surov. L’appuntamento era all’ingresso posteriore del Consolato. Così al momento della consegna il finto fattorino si presentò con il pacco al cui interno però c’era solo un calendario del Sismi con gli auguri per le feste.

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Il gruppo fu espulso dall’Italia in maniera discreta senza peraltro che ci fosse un caso diplomatico e senza che – in base al principio della reciprocità che spesso viene usato – ci fossero espulsioni russe di diplomatici italiani.

In altri termini le vecchie sfide sono tornate ad essere le nuove sfide. Ma al momento la risposta attuale è considerata più debole anche per la mancanza di competenze consolidate e per troppe distrazioni che fanno venire in mente più gli anni del Sifar che il futuro.

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