Armageddon nucleare, non è propaganda: siamo a un passo dal baratro

Il pericolo è reale. E incombente. Il mondo rischierebbe un Armageddon se Vladimir Putin facesse uso di un'arma nucleare tattica per cercare di vincere la guerra in Ucraina

Armageddon nucleare, non è propaganda: siamo a un passo dal baratro
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

7 Ottobre 2022 - 17.32


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Non sono parole in libertà. Non siamo più alle dichiarazioni ad uso interno né forzature propagandistiche. Il pericolo è reale. E incombente. Il mondo rischierebbe un Armageddon se Vladimir Putin facesse uso di un’arma nucleare tattica per cercare di vincere la guerra in Ucraina, ha affermato il Presidente americano Joe Biden, a New York per un evento per la raccolta di fondi per il partito Democratico, nel discorso più duro da quando si è fatta più concreta la minaccia di un attacco non convenzionale di Mosca. Da 60 anni è questo il momento in cui il mondo è arrivato più vicino a una catastrofe nucleare. “Non abbiamo mai affrontato la prospettiva di un Armageddon dai tempi di Kennedy e della crisi dei missili di Cuba”, ha affermato. “C’è un tipo che conosco bene. Non scherza quando parla del possibile impiego di armi nucleari tattiche, o biologiche o chimiche, perché le sue forze militari stanno andando male significativamente”, ha aggiunto Biden. “Non c’è una cosa come la capacità di usare facilmente un’arma nucleare tattica senza finire con un Armageddon”, ha detto anche, lasciando intendere per la prima volta che la risposta americana a un attacco non convenzionale di Mosca sarebbe ancora più letale. “Stiamo cercando di capire quale sia la via di uscita di Putin, come possa trovarla, come si troverà dopo aver perso la faccia e potere”.

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Armageddon nucleare

 «Tutti noi siamo sull’orlo di un disastro nucleare a causa della cattura della centrale nucleare di Zaporizhzhia da parte delle truppe russe. Queste sono condizioni terribili. Ma siamo tutti insieme, ci difendiamo energicamente, non abbiamo abbandonato il nostro compito». Lo ha dichiarato il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, nel suo intervento in videoconferenza al Consiglio europeo informale a Praga. «Dobbiamo costringere la Russia a conformarsi immediatamente alle richieste dell’Aiea e di tutte le persone normali del mondo e smilitarizzare l’impianto. E non si tratta solo dell’equipaggiamento militare russo, ma anche della rimozione di tutte le truppe dagli impianti. In questo momento ci sono 500 terroristi russi nello stabilimento di Zaporizhzhia. E non c’è posto per loro lì», ha aggiunto

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Secca la replica di Mosca. Kiev sta creando i rischi perché vengano usate armi di distruzione di massa. Lo dimostra anche la dichiarazione del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, sugli attacchi “preventivi” della Nato alla Russia”. Lo ha sottolineato il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, durante una riunione del partito di governo Russia Unita. 

“Non possiamo passare sotto silenzio le azioni incaute del regime di Kiev, che punta a creare rischi che vengano usate vari tipi di armi di distruzione di massa”, ha detto Lavrov, secondo cui l’appello di Zelensky è “un’altra prova delle minacce che provengono dal regime di Kiev per neutralizzare le quali è stata lanciata un’operazione militare speciale”.

Riferendosi quindi alla riunione della Comunità politica europea, Lavrov ha affermato che l’Alto rappresentante Ue per la politica estera, Josep Borrell, ha “orgogliosamente annunciato che sta iniziando il processo di formazione di una struttura di sicurezza senza la partecipazione della Russia. In generale, semplicemente ballano sulle note di Kiev e incoraggiano le fantasie folli di coloro che sono ancora al potere lì”.

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Dopo giorni di escalation verbale sulla minaccia atomica della Russia, Vladimir Putin sarebbe pronto ad un terribile gesto dimostrativoper alzare ancora di più la tensione nello scontro con l’Occidente. 

A lanciare l’allarme, secondo il Times, è stata un’informativa di intelligence inviata dalla Nato agli Stati membri: un rapporto in cui si avverte di possibili prove di forza di Mosca attraverso simulazioni che prevedono l’impiego di testate nucleari. Accanto al possibile test già ipotizzato del siluro Poseidon, che sarebbe in rampa di lancio dal sommergibile Belgorod di recente intercettato nel mar Artico, il nuovo avvertimento sarebbe rappresentato da un treno militare della divisione nucleare in movimento in direzione dell’Ucraina, anche se le ultime geolocalizzazioni note lo davano ancora nella regione di Mosca, a centinaia di chilometri dalla frontiera. 

Secondo l’analista Konrad Muzyka, l’unità è responsabile delle munizioni nucleari, del loro stoccaggio e della manutenzione, e potrebbe essere impiegata in un “esercizio di deterrenza strategica”. Gli spostamenti del convoglio ferroviario erano stati segnalati già domenica dal canale Telegram filorusso Rybar, che descriveva i blindati caricati con nuovi pezzi d’artiglieria equipaggiati con cannoni, mitragliatrici e lanciagranate.   

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Stando a una fonte di alto livello della difesa occidentale citata dal quotidiano britannico, la dimostrazione di forza più probabile da parte di Putin tramite il ricorso a ordigni atomici avverrebbe nel Mar Nero. Manon è impossibile” che il leader del Cremlino possa utilizzare un’arma nucleare tattica in Ucraina. In quel caso, però, i rischi per Mosca sarebbero inevitabilmente più alti. “Potrebbero sbagliare e colpire accidentalmente una città russa vicino al confine ucraino, come Belgorod”, ha spiegato la fonte. 

Per Andrew Futter, professore dell’Università di Leicester ed esperto di armi atomichel’aver mobilitato il treno della divisione nucleare rappresenta al momento un avvertimento lanciato da Putin all’Occidente. Sulla preparazione di una provocazione nucleare, però, le intelligence alleate restano caute. “Non abbiamo nessuna indicazione che le forze armate russe stiano mobilitando mezzi o personale connessi al loro arsenale nucleare: tutto al momento è nella norma”, ha spiegato un alto funzionario della difesa occidentale. Ma la Nato non ha smentito ufficialmente il report del Times e il timore di un gesto sconsiderato dello zar difronte ai rivolgimenti negativi sul terreno ucraino, da Kharkiva Kherson, resta forte. 

Il Cremlino, invece, glissa. Sollecitato su un eventuale ricorso all’atomica, il portavoce Dmitry Peskov ha replicato che Mosca non intende “prendere parte” alla “retorica nucleare” alimentata “nei media occidentali” da politici e capi di Stato. Più esplicito è stato l’ambasciatore russo in Francia, Alexei Meshkov, che in un’intervista alla tv CNews ha assicurato che “per ora la Russia non ha motivo di utilizzare armi nucleari tattiche”, ricordando che “nella dottrina russa ci sono soltanto due motivi per i quali noi potremmo utilizzare armi nucleari: un attacco con armi nucleari contro la Russia o i suoi alleati, o un attacco con armi convenzionali che metta in pericolo la nostra stessa esistenza”.

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Mossa interna

La minaccia di Vladimir Putin di usare armi nucleari potrebbe essere controproducente anche sul fronte interno. L’ipotesi che il presidente russo possa usare quei tipi di armamenti ha messo in allerta l’Occidente, così come l’élite militare di Mosca, timorosa di una reazione della Nato. E, secondo gli analisti, ci sarebbe già un movimento di opinione molto forte che starebbe lavorando nell’ombra per la destituzione di Putin. A spiegarlo è il Daily Mail  

Inoltre, come emerso alcuni giorni fa, Abbas Galljamov, che ha scritto i discorsi del presidente russo per anni e che ora vive in esilio, ha spiegato: Putin è cosi “debole” da poter ricorrere all’arma nucleare come extrema ratio col rischio però di provocare un golpe  

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“Se non gli restasse altra via d’uscita”, ha spiegato Galljamov a Repubblica, “non è escluso perciò che Putin possa decidere di sferrare un attacco nucleare contro l’Ucraina. Certo, non lo vuole. Si tratterebbe dell’extrema ratio. Ma la domanda è se l’esercito gli obbedirà. Perché, se mai Putin decidesse di sferrare un attacco nucleare, vorrebbe dire che è stato totalmente sconfitto sul piano delle armi convenzionali e che ha perso ogni legittimazione agli occhi degli ufficiali. Che potrebbero rifiutarsi di eseguire i suoi comandi. E il rifiuto sarebbe un golpe”.

Putin si sente con le spalle al muro e può essere piuttosto pericoloso e sconsiderato”, ha inoltre avvertito in un’intervista alla Cbs il direttore della Cia, Bill Burns. Il presidente russo deve “essere preoccupato, non solo di ciò che sta accadendo sul campo di battaglia in Ucraina ma anche di ciò che sta accadendo in patria e a livello internazionale”, ha sottolineato ancora il numero uno dell’intelligence Usa, ricordando che, nonostante la promessa di “un’amicizia senza limiti”, la Cina ha rifiutato di offrire supporto militare per l’offensiva in Ucraina.

Il malcontento che monta in Russia tra i ‘falchi’ finora sostenitori della guerra in Ucraina è «una sfida» per Putin, titola in prima pagina il New York Times. La «straordinaria raffica di critiche» per «la fallita invasione dell’Ucraina» si è finora «diretta principalmente contro i vertici dell’esercito russo», ma chiama indirettamente in causa Putin che «dopo aver represso l’opposizione liberale russa, ora deve affrontare un crescente dissenso nel suo stesso campo», scrive il Nyt, che evidenzia le pesantissime dichiarazioni venute ieri da Kirill Stremousov, insediato dagli occupanti russi come vicegovernatore della regione di Kherson dopo l’annessione proclamata da Putin. Stremousov ha detto che il ministro della Difesa del Cremlino, Sergei Shoigu, vicinissimo a Putin tanto da passare con lui le vacanze in Crimea, ricorda il giornale, dovrebbe considerare il suicidio visti i fallimenti del suo esercito in Ucraina. Parole «sulla scia della filippica contro la leadership militare lanciata nel fine settimana da Ramzan Kadyrov, l’uomo forte della Cecenia e stretto alleato di Putin», rileva il quotidiano. Per il Nyt, queste aperte critiche sull’andamento dell’invasione «si inseriscono nelle lotte intestine dell’elite di potere russa, che stanno uscendo alla scoperto». Lotte che potrebbero portare lo zar a decisioni estreme.

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La potenza di Mosca

Ne scrive su Avvenire Francesco Palmas: “I russi hanno un arsenale atomico superiore a quello dell’Occidente. Ma infinitamente ridotto rispetto a quello sovietico. L’Urss d’antan aveva 25mila ordigni nucleari tattici, dislocati in 600 basi. La Russia odierna non va oltre le 1.000-2.000 testate nucleari substrategiche, le temutissime armi atomiche tattiche. È la potenza della loro detonazione a definirle: oscilla dai pochi kilotoni delle più contenute a un massimo di 200 chilotoni delle più dirompenti. Il che ne limita gli impieghi operativi a colpi mirati: loro obiettivi sono i posti di comando, le concentrazioni di truppe e di blindati, le infrastrutture belliche e i centri urbani, in funzione terroristica. Ma gli stessi risultati anti-città sarebbero ottenibili con i bombardieri e i cannoni zeppi di esplosivi convenzionali, come testimoniano le rovine di Mariupol e di molte città dell’est ucraino.

Diversamente dalle armi strategiche, le testate nucleari tattiche non sono poi schierate permanentemente. Sono custodite in depositi e bunker. Le procedure per attivarle sono farraginose e le intelligence occidentali stanno monitorando da tempo movimenti sospetti di personale e unità di sicurezza ad esse preposte. La catena di comando è lunghissima. Muovendo da Putin, scende al dodicesimo direttorato, quindi ai depositi e alle forze di sicurezza che dovrebbero trasportare le testate e custodirle fino al campo di battaglia. Bisognerebbe infine montare le ogive sui lanciatori. È difficile immaginare che in questo lungo percorso, la comunità d’intelligence statunitense non si accorga di nulla. È in allerta dal 24 febbraio. E il Pentagono ha già pronti i piani di contingenza. Pensiamo davvero che la Russia userà l’atomica? Se lo facesse, incorrerebbe in una rappresaglia dell’Occidente, convenzionale o meno, condannandosi a una sconfitta quasi certa. Contaminerebbe per decenni territori confinanti con la Federazione, che il Cremlino ambisce a fagocitare. Un’esplosione nucleare sull’Ucraina propagherebbe le radiazioni fino in Russia. I venti che soffiano sulle steppe ucraine sono instabili e imprevedibili. Per produrre effetti decisivi sul campo di battaglia non basterebbe poi un’unica detonazione, ne occorrerebbero molte.

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Prima della guerra del Golfo, il Pentagono aveva studiato la possibilità di impiegare testate nucleari tattiche contro le armate di Saddam Hussein, colpendole nel deserto, lontano dai centri abitati e a distanze siderali dai confini statunitensi. Ne concluse che sarebbero state necessarie decine di atomiche per vincere tempestivamente la campagna militare. Nel caso ucraino, le atomiche tattiche servirebbero soltanto a infiacchire la controffensiva ucraina, interromperne il momento favorevole e sperare forse in una pausa operativa. Ma sarebbe una strategia zoppa, di corto respiro. Gli ucraini si riorganizzerebbero quasi subito e riprenderebbero gli attacchi con rinnovato slancio, stavolta affiancati dagli occidentali. Sarebbe l’innesco della terza guerra mondiale, dagli esiti devastanti. No, decisamente il nucleare non giova a nessuno”, conclude Palmas.

Speriamo che sia così. Ma i segnali che si sovrappongono vanno in tutt’altra direzione. Quella di un Armageddon nucleare. 

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