Gioia per Silvia Romano, vergogna per aver negato diritti ai braccianti irregolari
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Gioia per Silvia Romano, vergogna per aver negato diritti ai braccianti irregolari

La mediazione del governo è diventata un ignobile pateracchio che riduce 600mila migranti a mera forza lavoro a tempo, da sfruttare qualche mese, per poi ricacciarli nell’inferno della clandestinità.

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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

10 Maggio 2020 - 09.42


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La festa e la vergogna. La gioia per una giovane volontaria italiana che ritrova la libertà dopo 18 mesi trascorsi nelle mani dei suoi rapitori.
La rabbia e l’indignazione per un atto di giustizia, sia pure a scoppio molto ritardato, che alla fine salta, lasciando il posto ad un ignobile pateracchio che riduce 600mila migranti a mera forza lavoro a tempo, da sfruttare un mese, per poi ricacciarli nell’inferno della clandestinità.

Questa è l’Italia, per niente migliorata ai tempi del Coronavirus. Un mix di ipocrisia e cinismo, a condimento di una narrazione falso buonista che ci vorrebbe tutti sulla stessa barca, tutti uniti e tutti eguali nella “guerra” al Covid-19. No, non siamo tutti sulla stessa barca né siamo tutti eguali.

Silvia Romano non è eguale a quei politici sciacalli, e alla stampa che li pompa e gli fa da cassa di risonanza, che s’indignano perché è stato pagato un riscatto per riavere libera una ragazza che stava spendendo gli anni migliori della sua vita in Africa, a “casa loro”, dando senso e contenuto alla parola, troppo speso abusata, di solidarietà.

Ora sappiamo che Silvia era stata rapita dagli al Shabaab, il gruppo jihadista che taglieggia la Somalia, si batte per instaurare un regime islamico, una “dittatura della sharia” modello Isis, e combatte il governo legittimo con autobombe e gruppi armati. Bande molto pericolose perché terroristi che odiano l’Occidente, ma anche predoni che apprezzano i soldi. Ci sono voluti 18 mesi, insomma, ma i servizi segreti dell’Aise ce l’hanno fatta, grazie ai buoni contatti con le forze somale e grazie anche alla sponda dei servizi segreti turchi che in quella fetta di mondo hanno buona ramificazione.

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Ce l’hanno fatta perché per questi lunghi 18 mesi non hanno smesso mai di lavorare sottotraccia, anche quando in Italia la politica che ora si affanna a intestarsi il merito di questa impresa, di Silvia si era completamente dimenticata. Sì, per liberarla è stato pagato un riscatto. Forse milionario. Perché negarlo? Perché, per una volta almeno nella loro vita, coloro che dovrebbero rappresentarci non hanno il coraggio e l’onestà intellettuale di dire la verità ad un Paese che non può essere sempre raggirato da una compiacente propaganda mainstream.

Dire: signori, la vita di una ragazza, di una nostra connazionale, vale molto più di quanto abbiamo pagato a quei tagliagole perché i suoi familiari, i suoi amici, potessero riabbracciarla.

La vita umana non ha prezzo. E quei soldi sono stati ben spesi. Fare questo discorso vuol dire avere rispetto per l’opinione pubblica, e non blandirla con storielle di blitz riusciti, come se fossimo in un film di azione. Questo discorso non piace ai Salvini e alle Meloni, espressione caricaturale di una italietta dell’armiamoci e partite? E chissene..Trattare non è cedere.

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La statura di una classe dirigente si misura dal coraggio di guardare oltre il contingente e di sapere andare controcorrente. Non è il caso della pavida classe, dirigente è parola forte, che ha collezionato (l’ennesima) figuraccia sulla vicenda, o per meglio dire, sulla pelle di 600mila immigrati. Dovevano essere regolarizzati, ma all’interno della maggioranza c’era chi voleva fare il Salvini, una fotocopia riuscita male: Vito Crimi, il reggente per caso del Movimento Cinquestelle.

E così dopo settimane di trattative, di mediazioni sempre più al ribasso, la montagna ha partorito il classico topolino: non ci sarà alcuna sanatoria, alcuna regolarizzazione. Neanche a tempo. Ci sarà un permesso di soggiorno limitato alla durata del contratto.

Ha ragione Luigi Ambrosio di Radio Popolare quando scrive: “E’ come se fosse stato detto a quelle persone che non esistono come cittadini. Esistono come braccia per l’agricoltura. Letteralmente”.

E’ così. E si abbia almeno la decenza da parte del presidente Conte e dei suoi ministri di non parlare di un buon compromesso, di un primo passo in avanti, spacciando come tali i permessi a tempo, anche per chi fa lavori domestici.  Perché, la realtà non è la percezione. La realtà è che, ha ragione Ambrosio, “al di là degli aspetti tecnici, questa storia lancia per l’ennesima volta un messaggio terribile: gli stranieri esistono come forza lavoro. Non esistono come persone”. 

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“Lo Stato non lascia indietro nessuno…Orgoglioso di questo governo”, si è affrettato a twittare il ministro degli Esteri Luigi Di Maio subito dopo l’annuncio dell’avvenuta liberazione di Silvia Romano. Al prode “Giggino” vorremmo chiedere se ripeterebbe queste parole di fronte ai 600mila cittadini, migranti lavoratori, che lo Stato ha lasciato indietro, molto indietro. Signor ministro anche di questo è “orgoglioso”?

 

 

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