Siria, l'Europa in ginocchio per colpa del "Gendarme turco"
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Siria, l'Europa in ginocchio per colpa del "Gendarme turco"

L’Oim ha detto che al confine si trovano 13mila profughi. La Turchia ospita 3,6 milioni di profughi e negli ultimi anni il numero di afghani che è entrato nel Paese è salito vertiginosamente.

Migranti che arrivano in Grecia dalla Turchia
Migranti che arrivano in Grecia dalla Turchia
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

2 Marzo 2020 - 17.20


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Diciannove soldati siriani sono stati uccisi da attacchi di droni turchi nella provincia di Idlib, dove l’esercito di Ankara porta avanti un’importante offensiva contro il regime di Bashar al-Assad.

Lo sostiene l’Osservatorio siriano dei diritti umani. I soldati sono morti nel bombardamento di un convoglio nella zona di Jabal al-Zawiya e in un campo militare, nel sud della provincia. Il regime di Assad, stando all’ong, ha subito gravi perdite. Dall’inizio dell’anno truppe turche sono attive all’interno del territorio di Idlib, con postazioni militari d’osservazioni poste intorno all’intera provincia.
L’obiettivo della Turchia è quello di isolare e
dividere i gruppi più estremisti che dalla sua conquista controllano la città, a cominciare dal Hay’at Tahrir al-Sham, organizzazione di ispirazione qaedista, e permettere a un cartello di forze “moderate” e controllate da Ankara di prenderne il controllo. Un obiettivo rimasto finora incompiuto e che potrebbe essere definitivamente travolto dall’imminente offensiva del regime.

La posta in gioco

Ma se è soprattutto la Turchia che dalla potenziale caduta di Idlib rischia di più – sia nella veste di sponsor, umiliato, dell’opposizione, sia in quella di paese rifugio per una nuova ondata di profughi – è il ruolo di mediatore quasi infallibile di Mosca che è ora sotto la luce dei riflettori. Da una parte i vertici russi sanno bene di non poter negare al regime una simbolica vittoria finale che solo la presa di Idlib può garantire. 

Assad ha bisogno di poter presentare all’opinione pubblica lealista la caduta dell’ultimo bastione dell’opposizione prima di sedersi, da una posizione di forza, a due tavoli ben più complessi: lo status finale nel nord-est – oggi controllato dalle Unità di protezione popolare (Ypg) curdo con l’appoggio americano – e, soprattutto, la questione di Afrin e del triangolo Azaz-Al-Bab-Jarablous, occupati dalle forze turche tra il 2017 e l’inizio del 2018. A Mosca sanno che soprattutto quest’ultimo nodo sarà difficile da sciogliere e che il nord della Siria rischia di ritrovarsi nel lungo termine sotto protettorato turco, in una situazione simile al nord di Cipro, e che, proprio per questo, non possono negare ad Assad una vittoria “finale” ad Idlib. Ne va della credibilità del regime e, indirettamente, della credibilità di Mosca, che dall’intervento in Siria nel 2015 sta cercando di proporsi ai regimi autoritari del Medio Oriente come un alleato più affidabile e determinato degli Stati Uniti. Dall’altra parte, però, umiliare Ankara significa rischiare di rispedire Erdogan nelle braccia di quell’Occidente, dal quale in questi ultimi anni il presidente turco sta cercando infaticabilmente di affrancarsi cercando, finora con successo, la sponda della Russia

Annota in proposito su Internazionale Pierre Haski direttore di France Inter:Erddgan an e Vladimir Putin si incontreranno il 5 marzo per parlare della crisi. Al momento tutto lascia pensare che il presidente russo abbia permesso alla Turchia di vendicare i soldati uccisi prima di sedersi al tavolo del negoziato. Quella tra Putin ed Erdogan è una relazione complessa. La Turchia fa parte della Nato e la sua aviazione, appena cinque anni fa, ha abbattuto un bombardiere russo. Ma i due presidenti hanno saputo ugualmente coltivare un rapporto speciale, al punto tale che la Turchia ha acquistato un sistema missilistico russo S-400. Un gesto impensabile per un alleato degli Stati Uniti. Se l’esercito turco dispone di postazioni nella regione di Idlib, in territorio siriano, è in virtù di un accordo stretto con Putin. L’accordo ha fatto pensare che Erdogan coltivasse il sogno di un’alleanza con Mosca per dominare il Medio Oriente post-americano. 
Ora però l’offensiva siriana a Idlib, , appoggiata dall’aviazione russa, sembra minacciare questo ipotetico nuovo ordine regionale, con l’ambizione di Damasco di riconquistare integralmente il territorio nazionale, compresa Idlib con la sua zona d’influenza turca….”.

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Ma la frattura tra Mosca e Ankara non si è ricomposta. La Russia chiede alla Turchia di aderire alla no flight zone imposta dalla Siria su Idlib.  Mosca non è in grado di garantire la sicurezza degli aerei militari turchi nella regione, ha dichiarato il rappresentante della Russia in Siria, Oleg Zhuralev, citato dall’agenzia Ria Novosti. La scorsa settimana, in un raid aereo delle forze siriane sono stati uccisi 33 militari turchi. Mosca ha denunciato che si erano spostati dagli avamposti per il monitoraggio della crisi senza darne notizia ai militari russi. Erdogan ha in programma per giovedì una visita lampo in Russia. La Turchia non ha nel mirino la Russia o l’Iran con le azioni intraprese in Siria. Il nostro intervento è rivolte esclusivamente contro le forze del regime siriano. Le perdite che il regime ha subito finora sono solo l’inizio. Mi rivolgo alla Russia e all’Iran. Non abbiamo alcun problema con voi in Siria, non abbiamo nel mirino né la Federazione Russa né l’Iran. Non ci servono il petrolio ed i territori della Siria. Combattiamo per la nostra sicurezza nazionale. Siamo noi, non la Russia, non l’Iran o altri Paesi, ad aver 3,7 milioni di profughi. Non possiamo sopportare questo carico”, ha detto Erdogan, parlando ad Ankara.

Il presidente turco  ha inoltre aggiunto che “è terminato il periodo di sacrifici unilaterali della Turchia sui profughi”. Il “Sultano”  è schierato con le milizie sunnite siriane nella zona di Idlib, dove vivono tre milioni e mezzo di oppositori al regime di Assad. Tra loro jihadisti radicalizzati da 9 anni di guerra, repressione e morte. Un milione stanno cercando di scappare in Turchia. Ma qui vivono già 3 milioni e 700mila profughi. Erdogan non ne vuole altri. Così li lascia partire verso la Grecia. E ciò nonostante nel 2016 abbia promesso di tenerli in Turchia in cambio di 6 miliardi di euro pagati dall’Europa. “L’esodo dei migranti è collegato alla crisi di Idlib”, ammettono i dirigenti turchi.

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Con il sostegno dell’alleata Russia, le forze fedeli al presidente siriano Bashar al-Assad hanno ripreso il pieno controllo della località strategica di Saraqib, nella provincia di Idlib, Lo segnalano gli attivisti dell’Osservatorio siriano per i diritti umani, secondo quanto riporta l’agenzia Dpa. Saraqeb si trova lungo l’autostrada che collega Damasco alla provincia di Aleppo e giovedì scorso era stata conquistata dai ribelli sostenuti dalla Turchia. Una delegazione americana, intanto, è attesa in serata in Turchia per colloqui sulla situazione in Siria, in particolare nella provincia nordoccidentale di Idlib, e sulla questione dei migranti. Lo anticipano fonti diplomatiche citate dai media ufficiali turchi. L’inviato speciale degli Usa per la Siria, James Jeffrey, e l’ambasciatrice americana all’Onu, Kelly Knight Craft, dovrebbero far parte della delegazione.

Migranti, la marcia dei disperati

La vera tragedia, in tutto questo, è che le vittime del gioco tra potenze sono i civili. Via mare o via terra, il Paese europeo più vicino dove rifugiarsi è la Grecia che ora versa in stato di massima allerta di fronte al flusso di umanità che arriva dalla Turchia: sarebbero oltre 80mila i migranti ad aver attraversato finora il confine turco con l’Ue. In tali circostanze non mancano tragedie e violenze. Un bambino è morto durante il tentativo di sbarco di un gruppo di migranti a Mitilini (isola di Lesbo, Grecia). Secondo il sito cnn.gr, il barcone – partito dalla vicina costa turca – si è ribaltato quando è stato avvicinato da un’unità della Guardia Costiera greca. Secondo quest’ultima, 46 persone sono state salvate. Il cadavere del bambino è stato rinvenuto poco dopo.

Nella notte 5 barche sono giunte sull’isola, due sono arrivate a Chios e altre due a Samos. Intanto si segnalano violenze, insulti e botte contro gli sbarchi: nel mirino giornalisti e fotoreporter, personale dell’Unhcr e polizia aggrediti da gruppi di abitanti di Lesbo. Decine di persone hanno impedito uno sbarco di migranti – tra cui alcuni bambini – da un gommone nella località di Thermi, e dato alle fiamme anche un centro d’accoglienza in disuso. Le immagini del pestaggio dei giornalisti su una banchina del porto sono diventate virali sui social network.  Provenienti da Istanbul, i migranti, tra cui siriani, afghani e iracheni, marciano in fila indiana attraverso i campi verso il valico di frontiera di Pazarkule.

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Circa 11 mila migranti che erano già al confine hanno trascorso la notte al freddo, accendendo dei fuochi per riscaldarsi. Un piccolo gruppo di profughi ha lanciato pietre contro gli agenti di polizia al di là della frontiera dove si sono registrate alcune schermaglie dopo che i poliziotti si sono rifiutati di farli entrare in Grecia. Una nuova ondata di migranti, almeno 2mila, tra cui donne e bambini, sono giunti alla frontiera tra Turchia e Grecia per cercare di attraversare l’Europa dopo che il presidente turco, ha annunciato l’apertura delle frontiere. Provenienti da Istanbul, i migranti, tra cui siriani, afghani e iracheni, marciano in fila indiana attraverso i campi verso il valico di frontiera di Pazarkule. Intanto domani (oggi per chi legge, ndr) i presidenti di Commissione Ue, Eurocamera e Consiglio europeo, Ursula von der Leyen, David Sassoli e Charles Michel saranno alla frontiera terrestre tra Grecia e Turchia con il premier greco Kyriakos Mitsotakis. Lo ha annunciato lo stesso Mitsotakis su Twitter, commentando: “Un’importante manifestazione di sostegno da parte delle tre istituzioni, in un momento in cui la Grecia sta difendendo le frontiere Ue con successo”. L’Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue, Josep,Borrell ha convocato il Consiglio esteri. Il commissario Ue per l’immigrazione, Margaritis Schinas, ha chiesto alla presidenza di turno croata dell’Ue di convocare urgentemente una riunione straordinaria del Consiglio dei ministri dell’Interno per discutere dalla situazione con la Turchia. 

La nuova emergenza sarà anche al centro di un incontro che il premier bulgaro Boyko Borissov avrà ad Ankara con il presidente turco Erdogan. Lo ha detto lo stesso Borissov. che ha aggiunto di aver avuto colloqui telefonici sul tema migranti con la presidente della commissione Ue Ursula von der Leyen, con la cancelliera tedesca Angela Merkel e con il premier greco Kiryakos Mitsotakis. Nei giorni scorsi il governo di Sofia aveva annunciato l’invio di reparti militari e di polizia al confine con la Turchia in previsione di nuovi massicci flussi. Anche la Macedonia del Nord ha rafforzato la sorveglianza alla frontiera meridionale con la Grecia.

Il ministro dell’Interno turco, Suleyman Soylu, ha twittato che fino a questa mattina sono già 76.358 migranti che hanno lasciato la Turchia, via la provincia di Edirne, dove si trova la città di Pazarkule, nel nord della Turchia, al confine tra Grecia e Bulgaria. L’Organizzazione internazionale per le Migrazioni (Oim) ha detto che al confine si trovano 13mila profughi. La Turchia ospita 3,6 milioni di profughi e negli ultimi anni il numero di afghani che è entrato nel Paese è salito vertiginosamente. 

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