La Cina respira meglio, ma non ovunque: l’inquinamento si sposta verso ovest 

In dieci anni la qualità dell’aria nelle grandi città è migliorata, grazie ai piani nazionali e alla riconversione industriale. Ma i nuovi dati mostrano un effetto collaterale.

La Cina respira meglio, ma non ovunque: l’inquinamento si sposta verso ovest 
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8 Dicembre 2025 - 17.42 Culture


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Di recente la discussione sulla qualità dell’aria in Cina è tornata centrale, come scrive Enrico Pitzianti di Wired. Sicuramente complice la diffusione di dati che mostrano un netto calo dell’inquinamento da polveri sottili, molto più rapido rispetto agli altri paesi. Secondo l’Università di Chicago, nel 2024 i livelli medi di PM2,5 nelle città cinesi risultavano inferiori del 36% rispetto a dieci anni prima; un miglioramento ancora più evidente se confrontato con il 2004, quando la Cina era il terzo paese più inquinato al mondo. Oggi non compare nemmeno tra i primi dieci. Ma questi risultati è necessario analizzarli nel dettaglio, andando oltre le semplificazioni circolate sui social e sui media.

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Il cambiamento ha radici nel piano nazionale del 2013, che impose obiettivi rigorosi alle città dell’est del paese, nelle aree tra Pechino, Tianjin, Hebei e le regioni dei delta dello Yangtze e del Fiume delle Perle. Un secondo piano è stato varato poi nel 2018; estese i limiti anche alla pianura di Fenwei, costringendo milioni di abitazioni a sostituire il riscaldamento a carbone con il gas naturale. Una parte consistente della riduzione dell’inquinamento nell’est del paese dipende dunque da una diversa strategia industriale.

Tuttavia la situazione non è uguale in in tutta la Cina. I dati del primo trimestre del 2025 mostrano che in varie regioni del sud e dell’ovest l’inquinamento è addirittura aumentato rispetto all’anno precedente: +32% nel Guangxi, +14% nello Yunnan e +8% nello Xinjiang. Nonostante ciò la media nazionale segna comunque un calo del 5%. Il punto è che la diminuzione riguarda quasi esclusivamente le aree costiere, più popolate e ricche, mentre altrove avviene il contrario, dando origine a quello che alcuni report definiscono “spostamento a ovest” dell’inquinamento cinese.

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Emblematica la situazione dello Xinjiang, oggi la provincia più inquinata della Cina, con una media di 70 µg/m³ di PM2,5: il doppio rispetto alla media nazionale e quattordici volte lo standard raccomandato dall’Oms. La conformazione geografica, i dati demografici, l’industrializzazione o gli andamenti meteorologici contano, certo, ma questa redistribuzione dell’inquinamento dipende soprattutto dallo spostamento dell’industria pesante verso determinate aree.

Infatti, a chiarire le cause dell’aumento nel sud e nell’ovest interviene l’Ong Dialogue Earth, che individua tre fattori principali. Il più rilevante è l’espansione di attività industriali ad alta intensità energetica, come carbone e acciaio: nel primo trimestre del 2025 la produzione di acciaio è cresciuta del 6% e quella di ghisa dell’11%, mentre nell’est del paese entrambe risultano in calo. Contribuiscono poi il settore agricolo e gli incendi controllati per lo smaltimento delle stoppie, e infine l’uso massiccio di fuochi d’artificio durante le festività, che nel Guangxi ha fatto impennare l’inquinamento già dal periodo del capodanno cinese, a gennaio, nonostante le limitazioni.

Il quadro complessivo evidenzia quindi un preciso fenomeno nuovo: una delocalizzazione industriale interna che spinge le attività più inquinanti (industrie del carbone, dell’acciaio e della chimica) verso regioni dotate di energia a basso costo e di risorse minerarie. È ciò che è accaduto, per esempio, nello Yunnan, dove la disponibilità di energia idroelettrica ha attirato grandi industrie dell’alluminio.

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Alla luce di tutto questo, è corretto affermare che la qualità dell’aria cinese è migliorata in media. Ma il vero fatto è un altro: il problema non è scomparso, si è semplicemente spostato. Le zone più conosciute e visitate al mondo, come Pechino e Shanghai, sono oggi molto meno inquinate, vero, ma le regioni occidentali stanno sopportando un carico sempre più crescente.

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