Amazzonia, patrimonio dell'umanità: 400 i popoli indigeni custodi della biodiversità
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Amazzonia, patrimonio dell'umanità: 400 i popoli indigeni custodi della biodiversità

Il Wwf ha ricordato come siano circa 400 i popoli indigeni, con circa un milione di persone, che vivono nelle foreste dell'Amazzonia.

Popoli nativi americani del Perù
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26 Agosto 2019 - 16.39


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Un patrimonio dell’umanità. Una riserva di ossigeno per il mondo intero.
L’Amazzonia non è solo il grande polmone, un’infinita riserva d’acqua dolce, il pilastro degli equilibri climatici, un patrimonio ineguagliabile di biodiversità. È anche una delle più grandi estensioni di territori indigeni del pianeta. Lo afferma oggi il Wwf, in un comunicato in cui si ricorda come siano circa 400 i popoli indigeni, con circa un milione di persone, che vivono nelle foreste dell’Amazzonia.
Comunità come quelle dei Karipuna, Guarani, dei Yanomani, dei Kichwa, degi Shuar, dei Wajapi ma anche popoli che vivono in isolamento volontario o che non sono mai stati contatti dal mondo esterno. Tribù che con la loro storia e con le loro tradizioni hanno contribuito a plasmare e proteggere la biodiversità di questi grandi ecosistemi forestali.
Questa incredibile diversità culturale non solo rende l’Amazzonia più ricca e affascinante, ma contribuisce in maniera straordinaria alla protezione delle sue foreste. Secondo diversi studi, ancor più che dalle aree protette, la biodiversità amazzonica è infatti conservata dalle comunità indigene che chiamano la foresta la loro ”casa”.
La devastazione degli incendi che in questi giorni sta divorando l’Amazzonia hanno un impatto drammatico su questi popoli, denuncia il Wwf. Già tormentate da una lunga storia di prevaricazioni, aggressioni, brutalità, equiparabili a veri e propri genocidi, perpetrati da interessi criminali come quelli dei cercatori d’oro o dei tagliatori di alberi, le comunità indigene sono costrette alla fuga dalle fiamme e dal fumo.
E con il loro abbandono i territori finiscono nelle mani di chi è interessato a sfruttare la foresta fino all’osso o meglio alla cenere. Piccoli e grandi coltivatori si appropriano di nuovi territori, di ecosistemi cruciali per fare posto a nuove piantagioni, spesso di soia, destinata ad alimentari miliardi di animali da allevamento in tutto il mondo. Brucia così un’Amazzonia meravigliosa di liane, di acqua, di fiori, di uccelli, portandosi via con sé i luoghi, i saperi e la casa dei popoli più antichi e affascinanti del nostro pianeta.
Il Coordinamento delle Organizzazioni Indigene del Bacino Amazzonico pochi giorni fa, in una lettera aperta, ha denunciato lo stato di emergenza ambientale e umanitaria, chiedendo all’Ufficio dell’Alto Commissariato per i diritti umani delle Nazioni Unite di agire perché i violenti incendi minacciano di estinzione il loro popoli.
Allo scempio dei diritti umani per le popolazioni che vivono nel polmone del Pianeta, si aggiunge il fatto che la deforestazione è responsabile di quasi un quarto delle emissioni di gas serra in tutto il mondo: con impatti sui cambiamenti climatici che avranno serissime conseguenze sul nostro futuro e quello dei nostri figli.

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