Ecco perché Draghi ha bloccato la Cina sul 5G

Tra le ultime mosse del governo uscente, c'è l'esercizio del "golden power" per una progressiva uscita di scena dell'operatore cinese Huawei dai piani annuali dei contratti di Tim e Vodafone

Ecco perché Draghi ha bloccato la Cina sul 5G
Mario Draghi
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4 Ottobre 2022 - 11.37


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Una delle ultime mosse del governo Draghi, datata 28 settembre, ha imposto una significativa sterzata alla sicurezza delle comunicazioni 5G. Tra i provvedimenti approvati quel giorno dal Consiglio del ministri – scrive il Sole24Ore – c’è l’esercizio del “golden power” per determinare una progressiva uscita di scena dell’operatore cinese Huawei dai piani annuali dei contratti di Tim e Vodafone, i due principali operatori di telecomunicazioni in Italia. L’obiettivo, individuato da tempo, è quello di limitare i potenziali rischi per la cybersicurezza, evitando che il regime di Pechino possa in qualche modo avere accesso a un’infrastruttura strategica nazionale come le reti di quinta generazione. 

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“Il piano annuale di Tim – scrive il Sole – prevede, per la parte Core della rete, cioè il “cervello” dell’infrastruttura che connette le parti di accesso, l’utilizzo al 100% di apparati della società svedese Ericsson, mentre per l’implementazione di reti private dedicate c’è in campo l’italiana Athonet. Per quanto riguarda invece la sezione di accesso della rete (Ran radio access network), allo stato attuale il parco fornitori vede Ericsson al 53%, la finlandese Nokia al 27% e Huawei al 20%. Tim ha però già avviato un processo di dismissione degli apparati Huawei che vedrà salire, si assicura nel piano annuale, Ericsson al 70% e Nokia al 30%. Di qui l’approvazione da parte del gruppo di lavoro di Palazzo Chigi sul golden power, che ha ritenuto soddisfacente il programma di diversificazione dei fornitori a favore di operatori Ue e Usa”.

Quanto a Vodafone – prosegue il Sole – Huawei e Nokia si dividono praticamente a metà il numero di apparati. Lo schema non sembra destinato a cambiare, ma il provvedimento approvato dal Cdm stabilisce la condizione che “l’operatore realizzi un drastico riequilibrio del peso di fornitori extra-Ue a vantaggio di quelli europei nella componente radio della rete”. In particolare, c’è l’obbligo di sostituire gradualmente gli apparati cinesi già installati con quelli di società europee una volta terminato il loro ciclo di vita utile, stimato al massimo per sei anni. Dopodiché, la compagnia cinese dovrà necessariamente essere fuori dalle reti del peso di for-
nitori extra-Ue a vantuelli europei nella compone.

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