I super inguattati: quel mondo di sopra degli eversori fiscali

Cinque anni dopo i "Panama Papers", una nuova inchiesta fotografa le cassaforti segrete di 35 leader mondiali, migliaia di vip

Panama Papers
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

4 Ottobre 2021 - 15.27


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II super inguattati. Il mondo di sopra che mostra il suo volto più oscuro. E spregevole. E gli ospitali “paradisi fiscali”. Uno spaccato di un mondo di privilegiati che hanno atto dell’impunità fiscale il loro tratto unificante. Una vergogna planetaria

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Cinque anni dopo i “Panama Papers”, una nuova inchiesta fotografa le cassaforti segrete di 35 leader mondiali, migliaia di vip e miliardari del Pianeta nascoste nei paradisi fiscali. La lista dei “Pandora Papers” va dal Re di Giordania a Tony Blair, dal fondo della Regina Gb a Julio Iglesias e Claudia Schiffer, passando per Shakira e il circolo ristretto dei collaboratori di Vladimir Putin (amante compresa). Il lavoro è firmato dal Consorzio Internazionale dei Giornalisti Investigativi (ICIJ) che ha avuto accesso a 11,9 milioni di nuovi file riservati.

I documenti dagli anni 70 al 2020

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L’inchiesta, a cui hanno lavorato in due anni circa 600 giornalisti e di 150 testate (L’Espresso per l’Italia), apre uno spaccato su oltre 29mila conti offshore e si spinge ben oltre ai “Panama Papers” di cinque anni fa, basati sul materiale di un singolo studio legale. I “Pandora Papers” raccolgono infatti l’analisi di dati di 14 diverse entità di servizi finanziari in Paesi e territori che includono la Svizzera, Singapore, le Isole Vergini Britanniche, Belize e Cipro. I documenti esaminati sono datati fra il 1996 e il 2020, anche se alcuni risalgono agli anni 70. 

I file rivelano come il Re di Giordania Abdullah, storico alleato degli Stati Uniti, abbia usato varie società fantasma per acquistare per oltre 100 milioni di dollari proprietà di lusso a Malibu, in California, a Londra e a Washington. In Europa i documenti espongono l’acquisto per 22 milioni di dollari di un castello in Francia, vicino Cannes, da parte del premier ceco Andrej Babis, politico miliardario che si presenta come populista avversario dell’élite europea. Mentre in Africa puntano al presidente del Kenya Uhuru Kenyatta: pur dipingendosi da anni come nemico numero uno della corruzione, Kenyatta e alcuni dei suoi stretti familiari hanno creato almeno sette entità offshore per nascondere denaro e beni immobiliari per più di 30 milioni di dollari.

 Il coinvolgimento dei collaboratori di Putin

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Nei documenti c’è anche la famiglia reale britannica, che tramite il fondo della Regina ha acquistato per 67 milioni di sterline una proprietà a Londra legata alla famiglia del presidente dell’Azarbaijan, Ilham Aliyev, accusata di corruzione. Sempre restando in Gran Bretagna i “Pandora Papers” notano come Tony e Cheire Blair hanno risparmiato centinaia di migliaia di sterline in tasse sulla proprietà con l’acquisto di un edificio per uffici a Londra tramite una società offshore. Il nome del presidente russo Vladimir Putin non compare nei documenti che, invece, fanno luce sulla fortuna di alcuni uomini e donne nella sua cerchia più ristretta. Fra questi spicca il suo amico di infanzia Petr Kolbin ma anche Svetlana Krivonogikh, con la quale Putin avrebbe avuto una relazione. Krivonogikh – che si vocifera abbia avuto una figlia dallo zar – avrebbe acquistato tramite una società offshore un lussuoso appartamento a Monaco.

 I vip, da Julio Iglesias a Shakira

Nei fascicoli dell’inchiesta vengono chiamati in causa anche il cantante spagnolo Julio Iglesias, l’ex top model tedesca Claudia Schiffer e la cantante Shakira. Ma anche il mafioso Raffaele Amato: ‘o Lello’, arrestato nel 2005 e la cui storia ha contribuito a ispirare il film Gomorra, operava – riporta il Miami Herald – tramite una società di comodo, registrata in Gran Bretagna e usata per acquistare proprietà in Spagna poco prima di fuggire dall’Italia. 

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Ma ci sono anche criminali. Ex terroristi. Bancarottieri. Trafficanti di droga. E boss mafiosi, anche italiani, con i loro tesorieri.

*“Migliaia di personaggi diversi per origini e storie personali, legati tra loro da un unico filo rosso: sono tutti clienti di 14 riservatissimi studi internazionali che fabbricano “offshore”. Cioè società collocate in giurisdizioni estere dove non esistono le tasse. E i titolari possono restare anonimi. Invisibili. E occultare le loro ricchezze al fisco, alla giustizia, agli elettori, a tutti gli altri cittadini. Che quindi sono costretti a pagare anche per questi privilegiati i costi di sanità, sicurezza, scuole, strade, ferrovie, acquedotti e tutti i servizi essenziali finanziati dagli stati nazionali con le entrate fiscali. I danni per la società civile causati dal proliferare di questi rifugi offshore sono ancora aumentati in questi tempi di pandemia, che ha innescato una crisi economica senza precedenti, moltiplicando le spese dello Stato per la sanità e per aiutare i più deboli.

 I Pandora Papers mostrano che un boss della camorra, Raffaele Amato, ha utilizzato una compagnia di fiduciari con base a Montecarlo per schermare la proprietà di una società-cassaforte inglese, che ha comprato terreni e immobili in Spagna. Amato è stato il capo degli «scissionisti», l’alleanza di clan camorristi che fu al centro della sanguinaria guerra di mafia che ha ispirato il libro e la serie televisiva Gomorra. Arrestato nel 2009 dopo anni di latitanza proprio in Spagna ed estradato in Italia, il boss Amato sta scontando una condanna definitiva a vent’anni di reclusione. I suoi fiduciari di Montecarlo, contattati più volte dal consorzio Icij, non hanno risposto alle nostre domande e richieste di chiarimenti.

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I Pandora Papers portano alla luce anche molti nuovi documenti su società offshore, intestate ad altri cittadini italiani, che erano menzionate, senza tutti i particolari che emergono ora, in varie indagini giudiziarie o fiscali. Ad esempio, l’ex nazifascista Delfo Zorzi, intercettato dalla polizia italiana nel 1997 mentre era latitante, utilizzava per le comunicazioni più riservate un telefonino intestato alla filiale svizzera di una misteriosa società offshore. La sua esistenza e le sue attività in Italia, dove Zorzi controllava segretamente catene di negozi e aziende di abbigliamento, fu svelata da un’inchiesta giornalistica dell’Espresso firmata da Alessandro Gilioli. I Pandora Papers ora documentano che Zorzi era cliente della Fidinam, una società fiduciaria svizzera controllata da prestigiosi avvocati ed ex magistrati, che aveva registrato quel cliente con il suo nuovo nome giapponese, Hagen Roi, ottenuto a Tokyo dove vive dagli anni ’70. Processato e condannato in primo grado per la strage di Piazza Fontana, Zorzi è stato assolto in appello e la Cassazione ha confermato in via definitiva la sua innocenza. Nel suo curriculum giudiziario compare solo una vecchia condanna definitiva dopo un arresto in Veneto nel 1968 per armi ed esplosivi.

Dai Pandora Papers emergono anche le società estere che sono finite al centro delle indagini del fisco spagnolo su Carlo Ancelotti, l’ex calciatore che adesso allena il Real Madrid, dopo anni di successi in Italia e all’estero. Ancelotti non ha risposto alle domande inviate dall’Espresso, da El Pais e dal consorzio Icij. Silenzio totale anche da Zorzi-Hagen.”.

I Pandora Papers documentano, tra mille altre storie mai raccontate prima d’ora, che il Re della Giordania, Abdullah II, ha acquistato ville e terreni negli Stati Uniti e a Londra, per oltre 100 milioni di euro, tramite offshore personali, mentre il suo governo riceveva miliardi dagli Usa per combattere il terrorismo ed evitare una rivoluzione araba in un paese alleato. Alle domande del consorzio, il Re della Giordania, attraverso un portavoce, ha risposto che lui, come sovrano, non paga le tasse. E i suoi investimenti esteri non sono stati dichiarati per ragioni di sicurezza e privacy.

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In Europa, il premier ceco Andrej Babis, che guida un governo populista di destra, ha usato società-schermo delle Isole Vergini Britanniche, nel 2009, per acquistare una villa da 22 milioni in Costa Azzurra. E non ha mai dichiarato quella proprietà estera alle autorità del suo Paese. Dove nel 2017 ha vinto le elezioni promettendo di combattere la corruzione e i privilegi delle élite.

In Olanda, il ministro dell’Economia, Wopke Hoekstra, cristiano-democratico, che ha spesso attaccato l’Italia in nome del rigore finanziario, è entrato nel 2009 in una offshore controllata da una cordata di ex manager di un colosso bancario di Amsterdam, Abn-Amro. Ed è così diventato uno degli azionisti anonimi di una nota compagnia di safari in Africa. È rimasto nella offshore anche dopo l’elezione a senatore. E non ha mai dichiarato il suo investimento estero.

In Ucraina, il capo dello Stato, Volodimyr Zelensky, ex comico portato al successo da uno show televisivo, ha posseduto segretamente per anni, tramite una società offshore, un’azienda di produzione e distribuzione di film e programmi tv. Nel marzo 2019, un mese prima del voto, ha ceduto le sue azioni a un amico, Sergiy Shefir, che dopo il successo elettorale è stato nominato da Zelensky primo consigliere pubblico della presidenza ucraina. Il 22 settembre scorso Shefir è sfuggito a un misterioso tentativo di omicidio: un commando armato ha ferito il suo autista.

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A Cipro, lo studio Anastasiades & Partners ha aiutato diversi oligarchi di Mosca, come rivela la corrispondenza interna, a creare nuove offshore per sfuggire alle sanzioni internazionali. In Russia l’affare più sorprendente riguarda però Svetlana Krivonogikh, indicata dalla stampa indipendente come ex fidanzata e madre di una figlia non riconosciuta da Vladimir Putin. I Pandora Papers rivelano che l’amica del presidente è la beneficiaria di una società offshore costituita nel 2003, esattamente un mese dopo la nascita della bambina, che ha comprato per 3 milioni e 600 mila dollari una residenza affacciata sul mare nel Principato di Monaco. Un affare gestito dagli stessi fiduciari che lavorano tuttora per gli oligarchi più vicini al presidente Putin. All’epoca del presunto flirt Svetlana lavorava come addetta alle pulizie in un hotel. Oggi ha un patrimonio personale di oltre 100 milioni.”.

* Le notizie pubblicate in questo articolo sono il frutto del lavoro collettivo dei giornalisti dell’Espresso e dei cronisti investigativi che fanno parte del consorzio e di altre testate internazionali, in particolare Fergus Shiel, Scilla Alecci, Jelena Cosic, Emilia Diaz-Struck, Will Fitzgibbon e Spencer Woodman (Icij), Roman Anin (Istories), Sylvain Besson (Tamedia), Joachim Dyfvermark (Svt), Daniele Grasso (El Pais), Kevin Hall (Miami Herald), Luke Harding (Guardian), Karlijn Kuijpers (Platform Investico), Mauritius Much (Sueddeutsche Zeitung), James Oliver (Bbc), Roman Shleynov (Occrp).

Giornalismo vero. Giornalismo d’inchiesta. Che svela l’inconfessabile. Che accende i riflettori su ciò che si vorrebbe oscurato. E che pone una questione epocale: come si combatte, in un mondo sempre più globalizzato, l’evasione fiscale globalizzata. E come si possono smantellare quei “paradisi”. E sanzionare gli Stati compiacenti. Anche quelli che fanno parte dell’Unione europea e che, non a caso, fanno le barricate contro una fiscalità europea comune. L’evasione fiscale raccontata in questa inchiesta ha tutti i caratteri di una Grande eversione. 

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E le vittime siamo noi, quelli che hanno i prelievi fiscali trattenuti direttamente in busta paga. E quelli che la busta paga se la sognano. Per noi non esistono “paradisi fiscali”. Non facciamo parte del mondo di sopra-

 

 

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