Il M5s preme per ridurre l'Iva ma nessun altro è d'accordo: troppo costosa e non incide
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Il M5s preme per ridurre l'Iva ma nessun altro è d'accordo: troppo costosa e non incide

Anche per Confindustria non serve: "Se vogliono farlo, trovino fondi tagliando il reddito di cittadinanza"

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22 Giugno 2020 - 06.57


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Al momento è solo un’ipotesi allo studio, ma è bastato a Giuseppe Conte lanciare la proposta di ridurre l’Iva, una mossa a tempo per rilanciare i consumi, per scatenare una prima reazione a catena. Molti i contrari, tra le imprese, ma anche dentro la maggioranza, e perfino il Tesoro avrebbe sollevato perplessità per una misura che è molto costosa e contraria alla “massima” europea di spostare la tassazione dalle persone alle cose.  

L’Italia guarda a quanto fatto dalla Germania, che nel maxi piano da 130 miliardi lanciato dalla cancelliera Angela Merkel per far fronte alla crisi, ha previsto la riduzione dell’Iva (dal 19 al 16%) per sei mesi. L’Iva, imposta sul valore aggiunto, ha oggi un’aliquota ordinaria del 22%, ma su alcuni beni ci sono aliquote al 4% e al 10%. 

Dal Tesoro trapela scetticismo e prudenza per una misura che per un Paese con i conti in ordine come la Germania è un’opzione, ma diventa molto più complessa per chi ha il debito che veleggia verso il 150% del Pil. Per questo Roberto Gualtieri vuole attendere prima l’assestamento di bilancio di fine mese. Già nei giorni scorsi, però, al Festival dell’Economia di Trento, il ministro aveva detto che abbassare l’Iva ”è una misura molto costosa” che va valutata attentamente.

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Una prima stima, a seconda delle dimensioni del provvedimento, quota la misura tra i 4 e i 10 miliardi di euro. Un’ipotesi è anche collegare la riduzione al pagamento con le carte, proprio per dare slancio al piano “cashless” del Governo.

Chi spinge per una riduzione dell’Iva è M5S, che ieri con Vito Crimi ha messo la firma sotto gli annunci del premier Conte, al termine degli Stati Generali di Villa Pamphili. Oggi, su Repubblica, è Laura Castelli ha preannunciare interventi fiscali rilevanti da subito. “Nei mesi scorsi – spiega la viceministro dell’Economia – avevamo già lavorato ad alcune simulazioni sull’Iva, saremmo pronti a intervenire anche subito, ma la sede più corretta è sicuramente la prossima legge di bilancio, facendo scattare l’intervento dal prossimo 1° gennaio. Una misura temporanea, con un orizzonte di due anni”. 

Il Messaggero dà voce alla contrarietà di Pd e Italia Viva rispetto all’ipotesi. “Si tratta di un’operazione decisamente complessa” dice Antonio Misiani, contraltare dem di Laura Castelli. “Ogni punto in meno dell’aliquota ordinaria del 22% costa 4,5 miliardi all’anno e 3,1% ogni punto dell’aliquota ridotta del 10%, perciò se si vuole fare un intervento percettibile, significativo e realmente in grado di produrre effetti – aggiunge il viceministro dell’Economia – si dovrebbe investire una quantità di risorse molto ingente”. Per Luigi Marattin, responsabile economia di Italia Viva, “ci sono risorse per fare un solo grande intervento fiscale: Irap, Irpef o Iva. Tutte e tre non è possibile. La nostra opinione è che occorra intervenire sul lavoro, tagliando il cuneo fiscale con la riforma dell’Irpef”, perché “un abbassamento temporaneo dell’Iva non avrebbe alcun effetto sull’aumento dei consumi”. 

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La voce delle imprese è affidata, sulla Stampa, al presidente dei Giovani di Confindustria, Alessio Rossi: “Il taglio di 1 o 2 punti dell’Iva non mi sembra che possa far ripartire l’economia. È una misura dagli scarsi effetti, ma dagli alti costi. Non è possibile continuare ad andare a debito. Che facciamo: proseguiamo a scaricarlo sulle spalle delle future generazioni, sui nostri figli? Ammesso che il taglio dell’Iva possa essere utile al rilancio, i fondi andrebbero trovati tagliando altre spese: ad esempio il reddito di cittadinanza. Un Governo che si rispetti decide le priorità” afferma l’imprenditore, che parla di Giuseppe COnte come di un “bravo showman” o poco più. 

 
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