Dietro gli scaffali dei supermercati si nascondono miseria e sfruttamento
Top

Dietro gli scaffali dei supermercati si nascondono miseria e sfruttamento

Milioni di donne e di uomini che ogni giorno lavorano in tutto il mondo e in Italia per portare il cibo sulle nostre tavole sono intrappolati nel circolo vizioso della povertà, vittime spesso di condizioni di lavoro disumane.

Supermercato
Supermercato
Preroll

globalist Modifica articolo

21 Giugno 2018 - 12.52


ATF

Milioni di donne e di uomini che ogni giorno lavorano in tutto il mondo e in Italia per portare il cibo sulle nostre tavole sono intrappolati nel circolo vizioso della povertà, vittime spesso di condizioni di lavoro disumane, a dispetto dei profitti multimiliardari generati dall’industria alimentare. E’ la denuncia contenuta nel nuovo rapporto “Maturi per il cambiamento”, diffuso oggi da Oxfam.
Lo studio analizza le politiche di alcune tra le maggiori catene di supermercati in Europa e negli Stati Uniti, che stentano ad adottare pratiche commerciali più eque nei confronti di piccoli produttori e lavoratori agricoli lungo le loro filiere di approvvigionamento.

Una fotografia di una situazione paradossale, di crescente disuguaglianza, in cui: i supermercati trattengono una quota crescente del prezzo pagato dai consumatori – in alcuni casi fino al 50% – mentre quella destinata a lavoratori e produttori è spesso pari a meno del 5%. E i piccoli coltivatori e i lavoratori, nella stragrande maggioranza dei casi vivono in povertà. E’ questo quello che emerge dall’analisi della filiera di 12 prodotti comunemente presenti nei supermercati di tutto il pianeta.
Per alcuni, come i produttori su piccola scala di té indiano o di fagiolini verdi del Kenya, ad esempio, il guadagno medio è pari a meno della metà di quanto sarebbe loro necessario per condurre una vita dignitosa. Per le donne produttrici questo divario risulta maggiore.

I dati dello sfruttamento. Secondo il rapporto Oxfam, mentre molti lavoratori e piccoli agricoltori vivono in povertà, nel 2016 le prime otto catene di supermercati Usa quotati in borsa hanno incassato quasi 1.000 miliardi di dollari, generando 22 miliardi di profitti e restituendo 15 miliardi agli azionisti. Solo il 10% dei dividendi distribuiti dalle tre maggiori catene di supermercati negli Stati Uniti nel 2016, basterebbe a garantire un salario minimo a 600 mila lavoratori tailandesi nel settore della trasformazione dei gamberetti.
Un’indagine tra i lavoratori e i piccoli agricoltori in 5 paesi con livelli di reddito molto diversi come Italia, Sud Africa, Filippine, Tailandia e Pakistan, ha rivelato un minimo comun denominatore: condizioni di povertà tali da compromettere la possibilità di sfamare adeguatamente sé e la propria famiglia. Basti pensare che in Italia il 75% delle lavoratrici nei campi intervistate da Oxfam, afferma di essere sottopagata, dovendo rinunciare a pasti regolari. In Sud Africa oltre il 90% delle lavoratrici delle aziende vitivinicole dichiara di non essere riuscita ad acquistare abbastanza cibo nel mese precedente.

Leggi anche:  Come cambierà l’agricoltura in Europa?

E ancora: secondo gli ultimi dati disponibili, nel 2015 erano circa 430 mila i lavoratori irregolari in agricoltura e potenziali vittime di caporalato in Italia, “impiegati” in quasi tutte le principali filiere stagionali di frutta e verdura in vendita nella grande distribuzione. Tra questi 100 mila lavoratori vittime di sfruttamento, con l’80% di lavoratori stranieri e il 42% di donne, che a parità di tipologia di lavoro venivano sottopagate rispetto agli uomini. 
Tra le più gravi forme di sfruttamento e violazione dei diritti: orari di lavoro nei campi fino a 12 ore al giorno; lavoratori esposti a pesticidi tossici e a temperature altissime in estate e estremamente rigide in inverno; abusi e violenze sulle lavoratrici; paghe medie tra i 15 e 20 euro al giorno, ben al di sotto del minimo legale di 47 euro al giorno.
“Le testimonianze raccolte ci dicono di piccoli agricoltori nella filiera della frutta esposti a pesticidi tossici, donne che lavorano nell’industria della trasformazione del pescato costrette a sottoporsi a test di gravidanza per poter lavorare. – ha detto Winnie Byanyima, direttrice di Oxfam International – Queste ingiustizie non dovrebbero stare sugli scaffali dei nostri supermercati, che generano miliardi di dollari di profitti e ricompensano generosamente i propri azionisti. La GDO ha la possibilità di tirare fuori dalla povertà milioni di persone, riconoscendo un prezzo equo ai produttori senza gravare sui consumatori. – ha aggiunto Byanyima – In molti casi sarebbe sufficiente restituire l’1 o il 2% del prezzo al dettaglio – pochi centesimi – per cambiare la vita di donne e uomini che producono il cibo che finisce nelle nostre tavole”.

Leggi anche:  Come cambierà l’agricoltura in Europa?

Dai campi ai supermercati: donne e migranti le prime del caporalato made in Italy. “Ci trattano come bestie. Controllano quante volte andiamo al bagno e ci dicono di tornare subito al lavoro. Se ti rifiuti di lavorare la domenica minacciano di non chiamarti piu'”, così una lavoratrice italiana racconta le proprie condizioni di sfruttamento in Campania. “Negli ultimi due anni è stato estremamente difficile trovare un’alternativa. È per questo che non posso permettermi di denunciare gli abusi”, le fa eco un’altra lavoratrice rumena in Sicilia. Testimonianze drammatiche, contenute nel caso studio sull’Italia Sfruttati curato da Oxfam Italia e Terra!Onlus, che fotografano il fenomeno del caporalato e dello sfruttamento dei lavoratori informali in agricoltura. Centinaia di migliaia di persone senza diritti, soprattutto donne e lavoratori stranieri.
“Lavoriamo dalle 6.00 del mattino alle 6.00 della sera, tutti i giorni della settimana, per 25 euro al giorno. Possiamo fermarci solo 10 minuti per mangiare”, ha raccontato un bracciante agricolo originario del Mali, che lavora nelle campagne campane.

Tra i più gravi abusi vi sono: stipendi di gran lunga inferiori al minimo sindacale indicato dai contratti collettivi di lavoro; la sistematica violazione della normativa in materia di orari di lavoro; condizioni di lavoro che mettono a repentaglio la salute; condizioni abitative e qualità della vita estremamente precarie, con lavoratori costretti a vivere in tuguri fatiscenti, tendopoli o container; un controllo pressoché totale delle vite dei lavoratori da parte dei datori di lavoro; abusi sessuali, fisici o verbali, e violenza nei confronti delle donne.
“È inaccettabile che ancora oggi nel nostro paese tantissimi lavoratori e lavoratrici, spesso vittime degli interessi delle organizzazioni criminali, possano arrivare a lavorare senza pause, 7 giorni su 7, guadagnando il 50% in meno di quanto stabilito dai contratti di categoria – ha detto Elisa Bacciotti, direttrice delle campagne di Oxfam Italia -. Persone che ancora oggi vengono pagate a ‘cottimo’, magari per 3 e 4 euro ogni 300 kg di pomodori raccolti. Nonostante siano stati fatti passi in avanti sotto il profilo legislativo, il caporalato continua ancora ad essere alimentato dalla scarsa trasparenza e tracciabilità lungo le filiere troppo lunghe e frammentate che portano frutta e verdura nei nostri supermercati.”

Leggi anche:  Come cambierà l’agricoltura in Europa?

Lo sfruttamento del lavoro. “La legge sul caporalato, approvata con voto unanime dal Parlamento nel 2016, è un atto di civiltà frutto del lavoro che associazioni e sindacati hanno svolto in questi anni. – dichiara Fabio Ciconte, direttore di Terra! – Adesso occorre lavorare a misure di trasparenza delle filiere per prevenire lo sfruttamento in agricoltura. Dall’etichetta narrante dei prodotti alimentari all’elenco pubblico dei fornitori, le nostre proposte sono sul tavolo: partiamo da qui invece di svuotare la legge 199, come sembrano intenzionati a fare il Ministro dell’Interno Salvini e quello dell’Agricoltura Centinaio”.
Un obiettivo, quello di porre fine allo sfruttamento del lavoro nelle filiere agricole, che le organizzazioni italiane riporteranno anche sui tavoli di Bruxelles, chiedendo agli europarlamentari italiani di supportare la recente proposta della Commissione, per proteggere i piccoli produttori in tutto il mondo dagli abusi di potere nelle filiere europee.

L’indagine sulla grande distribuzione mondiale e italiana. Il rapporto pubblicato oggi offre uno spaccato sulle politiche e le pratiche adottate da 16 delle più importanti catene di supermercati in Germania, in Olanda, nel Regno Unito e negli Stati Uniti. Analizzando il livello di trasparenza della filiera, il trattamento e la retribuzione riservata ai lavoratori e ai piccoli produttori soprattutto donne. Con risultati assai deludenti per i livelli retributivi garantiti ai lavoratori e la tutela delle donne.
Un’indagine integrativa, sempre sulla base di dati pubblici, è in corso anche in Italia per i più grandi operatori italiani della GDO (Conad, Coop, Esselunga, Gruppo Selex, Eurospin). I risultati saranno pubblicati ad ottobre 2018. 

Native

Articoli correlati