Con i nostri soldi precari salviamo la banca che non ci presta un euro
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Con i nostri soldi precari salviamo la banca che non ci presta un euro

Domani mi presenterò in banca pretendendo un mutuo. Quello che mi negano perché precario o disoccupato, nonostante la banca viva con i soldi del popolo.

Tutti in banca!
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Antonio Cipriani Modifica articolo

21 Dicembre 2016 - 15.07


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Io disoccupato, precario, sottoccupato mi presenterò domani in banca e chiederò un prestito. O anche un mutuo perché vorrei comprare una casetta e visti i tassi bassi, penso che, giustamente, invece di pagare un affitto con la stessa cifra potrei pagare un mutuo. L’idea è buona, posso consorziare anche mia moglie, precaria, disoccupata, sottoccupata. Sì lo so, mi direte: neanche ti fanno entrare in banca. Per avere qualcosa puoi usare solo il vecchio metodo del fazzoletto sulla bocca e la pistoletta di sapone dipinta di nero (vista l’allergia alle armi). Invece no, pessimisti. La banca me lo deve. Ce lo deve. Perché le tasse che pago, grazie alle due lire che prendo, sono servite, servono e – ahimé – serviranno per tenere a galla il Monte Paschi e le altre. Per sostenere, con questa sorta di solidarietà popolare, di noi tutti indiscriminatamente, gli affari del sistema bancario. Di quello stesso sistema che quando noi eravamo in fila ed entrava l’imprenditore del paesello, lo faceva passare senza scrupoli a discorrere di cose tra chi i soldi li maneggia negli ufficetti segreti. Oppure apriva fidi infiniti per chi non ne aveva manco troppo bisogno e a noi ci faceva telefonare da impiegati incavolati per i primi dieci euro di rosso.
Ecco, visto che continua a pagare lo Stato, basta ricordarci che lo Stato siamo noi. Quindi le banche ce lo devono il mutuo… Domani andrò. Vi farò sapere. (a.c)

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