Le vite complesse di Goli: una storia di migranti iraniani

Le tre vite di Goli" di Laura Cappellazzo narra la complessa storia di una donna migrante iraniana in cerca di libertà.

Le vite complesse di Goli: una storia di migranti iraniani
Laura Cappellazzo
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18 Marzo 2024 - 01.13


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di Antonio Salvati

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Quando ci occupiamo di rotte migratorie frequentemente ci affidiamo solo a numeri o a statistiche. Dimenticando che riguardano e coinvolgono vite umane, ciascuna con la propria storia, spesso assai dolorosa. Le strade tracciate dai migranti costituiscono una sfida geopolitica complessa, con innumerevoli implicazioni sociali, economiche e umanitarie. I flussi migratori si sviluppano attraverso una complessa rete di rotte in continuo mutamento e includono sia percorsi marittimi che terrestri. Alcuni cercano rifugio e opportunità attraverso il mare, altre si affidano a vie terrestri, non meno pericolose.

È importante ricordare che la migrazione via mare nel Mediterraneo è solo una parte della complessa rete di rotte migratorie che attraversano il continente europeo. La Rotta Balcanica, assai meno conosciuta ma ugualmente significativa, rappresenta uno dei principali corridoi di ingresso nell’Unione Europea. Alcuni arrivano in Grecia, altri in Bulgaria, da dove inizia la Rotta Balcanica. Solitamente partono dalla Macedonia del Nord per poi transitare tra i numerosi paesi della penisola balcanica, tra cui Serbia, Ungheria, Bosnia-Erzegovina e Croazia. Le persone in transito provengono principalmente dal Pakistan, dall’Afghanistan, dall’Iraq, dalla Turchia (Kurdistan), dall’India, dal Bangladesh e dalla Siria. Anche dall’Iran, come vedremo. Paese colmo di cultura, storia, povertà, crudeltà e miopia. Da mesi gli iraniani, e in particolare i più giovani (la maggior parte dei manifestanti sono ragazze e ragazzi tra i 15 e i 25 anni), protestano reclamando un Paese libero dal dogmatismo religioso e politico, in cui prevalgano dignità umana e giustizia, e dove tutti possano godere di una società equa e non discriminatoria. Un dato su tutti: l’Iran ha eseguito un totale “sconcertante” di almeno 834 pene di morte durante il 2023, il numero più alto dal 2015.

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La nuova esplosione di ondata di proteste antigovernative è iniziata con la morte di Masha Amini, una ragazza curda iraniana di 22 anni che si trovava a Teheran con la famiglia, arrestata e bastonata dalla polizia morale il 16 settembre 2022, per non aver indossato correttamente lo hijab. Da decenni le donne iraniane si stanno battendo contro la gestione patriarcale del loro corpo e degli spazi pubblici. Non chiedono solo l’abolizione dell’obbligatorietà dell’hijab. Le donne in Iran sono altamente qualificate e specializzate: il 97% è alfabetizzato, di queste il 66% sono laureate e il 70% in materie STEM. Le ragazze non hanno paura e puntano sulla loro istruzione per emanciparsi, chiedendo diritti basilari e negati: libertà di pensiero, di espressione, di avere un lavoro dignitoso, di vestirsi liberamente, di cantare e amare. Qualcuna sceglie di lasciare il proprio paese, come il personaggio principale del pregevole romanzo di Laura Cappellazzo, Le tre vite di Goli (Paoline, Milano 2023, pp. 424, € 20,00) che con grande coraggio si lascia tutto alle spalle in cerca di fortuna, per cercare una terra promessa. L’emigrazione e l’esilio da sempre costituiscono fonte di narrativa e creatività letteraria. Ogni essere umano che emigra, si sposta da una storia, da una società, da una lingua, ricostruendosi altrove un’altra esistenza. Questa vita rigenerata, questa intensa creatività esistenziale sfocia a volte nella scrittura.

La protagonista del volume Goli esiste davvero, anche se nella vita reale il suo nome, come quello di altri protagonisti, è un altro: i loro appellativi sono stati modificati, non le loro azioni. L’autrice l’ha incontrata nell’estate del 2022 a Zagabria. Goli, donna di 38 anni, ha – come lei sostiene – «vissuto tre vite e mi sento vecchia nel corpo e nello spirito. La mia prima vita è stata un inferno. La seconda un incubo. La terza per il momento è nebbia e non la so definire». Nata in Iran, paese tanto ricco quanto complesso e misero, sceglie di scrivere «per raccogliere i pezzi di tutte e tre le mie esistenze e rimetterle insieme». Per questa storia – degna di essere narrata – abbiamo incontrato Laura Cappellazzo.

Laura Cappellazzo, perché scrivere la storia di una donna migrante?

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Come appena ricordato, le vie di ingresso non legale in Europa e quindi in Italia, sono varie. Per quanto riguarda la rotta balcanica l’immaginario che abbiamo è che sia affrontata principalmente da maschi giovani, nel pieno delle loro forse. Nella realtà questa via pericolosissima e crudele è percorsa anche da donne e famiglie con bambini. Goli è una donna esile, eppure su di lei, e sui suoi figli di 14 e 9 anni, si è riversata tutta la violenza del controllo delle frontiere che l’Europa sta tollerando. È una storia che dimostra come l’uso della violenza ai confini europei non ha nessuna spiegazione se non quella della scelta politica.

Cosa l’ha colpita di Goli, quando l’ha incontrata?

I suoi occhi. Erano due abissi sui quali, affacciandosi, si poteva intravedere che l’orrore che hanno visto. Inizialmente avevo proposto a Goli delle interviste online. Avevo anche trovato delle mediatrici che mi avrebbero aiutato nella comprensione a distanza. Invece Goli ha rifiutato questa proposta. Mi ha detto: “Se mi vuoi intervistare devi venire qua, dove vivo ora. Mi devi vedere. Devi guardarmi in faccia quando ti parlo”. Quando l’ho incontrata, ho capito il perché di quella risposta.

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La storia di Goli è anche una storia di violenza. Ce ne vuole parlare?

Nella sua prima vita Goli ha subito due matrimoni forzati: all’età di tredici anni e all’età di quindici. Per molte famiglie iraniane il matrimonio forzato è una fonte di sostentamento per la famiglia della ragazza. Entrambi i matrimoni di Goli sono stati caratterizzati da violenza, maltrattamenti e abusi, agiti sul corpo di una bambina inizialmente. Goli però ha preso consapevolezza lentamente che ciò che stava vivendo non era “normale”, che quella “sbagliata” non era lei ma la cultura in cui era inserita che permetteva tutto ciò. Goli ci mostra come per ogni donna vittima di violenza, la presa di consapevolezza della propria situazione non sia una cosa immediata, ma un viaggio dentro se stesse. Un altro viaggio, forse altrettanto faticoso di quello fisico della migrante che in fin dei conti, ogni donna fa con sé stessa quando prende coscienza della propria identità.

Qual è la parte della storia di Goli che più l’ha colpita?

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Ce ne sono tre in verità: il numero di volte che Goli ha vissuto i respingimenti alla frontiera con la Croazia; il significato che attribuisce alla parola “libertà” e il terzo la risposta che ha dato alla Commissione Internazionale, all’udienza per la richiesta della protezione. Ma non svelo nulla di più, per lasciare quella curiosità di scoprire la sua storia e la profondità della prospettiva che ci può donare.

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