Tra cornici e barriere: la lotta dei direttori iraniani per la difesa della libertà artistica

La cinematografia iraniana subisce quotidianamente il peso della censura governativa. Molti direttori e artisti sono stati costretti a lasciare il paese per continuare la loro arte. Altri sono rimasti e lottano per difendere la loro libertà di espressione

Tra cornici e barriere: la lotta dei direttori iraniani per la difesa della libertà artistica
Iranian New Wave Cinema: ‘The Wind Will Carry Us, Directed by Abbas Kiarostami’
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22 Febbraio 2024 - 20.37 Culture


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di Setareh Keyhani

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Dalla Rivoluzione del 1979, il cinema iraniano ha subito trasformazioni significative, modellate dalle politiche della Repubblica Islamica. A seguito della promulgazione di nuove leggi governative, molti artisti si sono trovati costretti a lasciare il paese a causa delle severe limitazioni inserite nelle norme. Come il codice di abbigliamento islamico, che è divenuto obbligatorio per le attrici, con restrizioni su vari aspetti della performance, tra cui danza, canto, baci, consumo di alcol e persino abbracci.

Le ripercussioni di questi regolamenti hanno portato ad un esodo di artisti che, una volta partiti, non possono più tornare in Iran. Coloro che sono rimasti nel paese, invece, hanno affrontato sfide crescenti. Famosi registi e attori iraniani sono stati banditi dal lavoro e dalle esecuzioni artistiche. Negli ultimi 45 anni numerosi film sono stati rifiutati, spesso a causa della loro opposizione alla posizione politica del governo, o alla loro esplorazione di questioni sociali sensibili come i diritti delle donne, le dinamiche familiari, l’istruzione e la libertà.

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La censura nel cinema iraniano è ufficialmente supervisionata dal Ministero della Cultura e dell’Orientamento Islamico (MCIG) e dalla sua filiale, l’Organizzazione del Cinema. I registi devono chiedere l’approvazione di un produttore riconosciuto prima di iniziare il processo di creazione del film, presentando uno scenario in cui i film che esplorano la realtà della società iraniana spesso affrontano il divieto.

I pionieristici registi Abbas Kiarostami e Jafar Panahi hanno svolto un ruolo fondamentale nel cinema della New Wave iraniana, introducendo il mondo all’eccellenza cinematografica iraniana. Nonostante il loro successo globale, entrambi i registi hanno dovuto affrontare divieti su alcuni film a causa del loro rifiuto di accettare la censura. A Kiarostami, scomparso nel 2016 a Parigi dopo aver combattuto contro il cancro, sono state negate le lincenze per alcune delle sue opere, costringendolo a fare film fuori dai confini iraniani.

Jafar Panahi, attualmente in cattive condizioni di salute, ha subito diversi arresti per le sue pellicole e le sue attività personali. Gli è stato inoltre vietato di dirigere film e di lasciare il paese per almeno venti anni. Nonostante queste limitazioni, Panahi continua a dirigere in Iran.

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Il cinema, come riflesso di una nazione, dovrebbe racchiudere le realtà, la ricchezza culturale e le lotte sociali del popolo che rappresenta. Tuttavia, quando la politica permea l’industria cinematografica, dettando leggi e quadri, le storie risultanti possono deviare dalle esperienze autentiche della vita reale. Alcuni registi sono costretti ad abbandonare il loro mestiere, mentre altri devono conformarsi ai regolamenti imposti o affrontare divieti. L’assenza di libertà artistica rappresenta una sfida formidabile, in particolare per coloro che cercano di catturare e trasmettere l’essenza della loro società attraverso il cinema.

English version

Between Frames and Barriers: the struggle of iranian directors for artistic liberty

Iranian cinematography suffers daily from government censorship. Many directors and artists were forced to leave the country to continue their art. Others remain and struggle to defend their freedom of expression.

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by Setareh Keyhani

Since the 1979 Revolution, Iranian cinema has undergone significant transformations, shaped by the policies of the Islamic Republic. Following the implementation of new governmental laws, many artists found themselves compelled to leave the country due to stringent limitations on their creative endeavours. The Islamic dress code became mandatory for actresses, and restrictions were placed on various aspects of performance, including dancing, singing, kissing, alcohol consumption, and even hugging.

The repercussions of these regulations have led to an exodus of artists, who, once departed, find themselves barred from returning to Iran. Those who remained in the country faced escalating challenges. Renowned Iranian directors and actors found themselves banned from working and performing, respectively. Over the past 45 years, numerous films were denied release, often due to their opposition to the government’s political stance or their exploration of sensitive social issues such as women’s rights, family dynamics, education, and freedom.

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Censorship in Iranian cinema is officially overseen by the Ministry of Culture and Islamic Guidance (MCIG) and its subsidiary, the Cinema Organisation. Filmmakers must seek approval from a recognized producer before initiating the film creation process, leading to a scenario where films exploring the reality of Iranian society often face prohibition.

Pioneering directors Abbas Kiarostami and Jafar Panahi played instrumental roles in the Iranian New Wave Cinema, introducing the world to Iranian cinematic excellence. Despite their global acclaim, both directors have faced bans on certain films due to their refusal to accept censorship. Kiarostami, who passed away in 2016 in Paris after battling cancer, had some of his works denied licenses by the Ministry of Culture, forcing him to create films outside of Iran.

Jafar Panahi, currently in poor health, has faced multiple arrests for his films and personal activities. Additionally, he has been banned from directing films and leaving the country for an astonishing 20 years. Despite these limitations, Panahi defiantly continues to direct films within the confines of his own home.

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Cinema, as a reflection of a nation, should encapsulate the realities, cultural richness, and struggles of its society. However, when politics permeate the film industry, dictating laws and frameworks, the resulting stories may deviate from the authentic experiences of real life. Some filmmakers are compelled to abandon their craft, while others must conform to imposed regulations or face bans. The absence of artistic freedom poses a formidable challenge, particularly for those who seek to capture and convey the essence of their society through the medium of cinema.

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