Rita Levi Montalcini, scienziata, partigiana, paladina dei diritti civili
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Rita Levi Montalcini, scienziata, partigiana, paladina dei diritti civili

Una grande donna che ha reso onore all’Italia. L'impegno per l'emancipazione. La fede nell'istruzione. E la profonda umanità.

Rita Levi Montalcini, scienziata, partigiana, paladina dei diritti civili
Rita Levi Montalcini
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22 Aprile 2024 - 01.33


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Aveva superato il secolo di vita ed è restata  memorabile una sua frase che dava il senso della persona: “Ho perso un po’ la vista, molto l’udito. Alle conferenze non vedo le proiezioni e non sento bene. Ma penso più adesso di quando avevo vent’anni. Il corpo faccia quello che vuole. Io non sono il corpo: io sono la mente”.


Rita Levi Montalcini. Una donna, una scienziata alla quale il Paese che tanto le deve e che le ha sempre riconosciuto il merito guadagnato con il suo immenso sapere e l’ancor più grande impegno per la ricerca che l’ha portata al riconoscimento del Premio Nobel nel 1986, non risparmiò insulti e offese. Opera di esponenti di due aree politiche (la destra e i grillini) che si sarebbero anni dopo messi insieme per spartirsi e mangiarsi l’Italia.
Ma chi era Rita Levi Montalcini? Nei primi anni ‘50 scoprì il fattore di crescita nervoso noto come NGF, mettendo in luce il ruolo essenziale che esso aveva nella crescita e nella differenziazione delle cellule nervose sensoriali e simpatiche. Per oltre 30 anni ha proseguito le ricerche su questa molecola proteica e sul suo meccanismo d’azione ottenendo risultati inimmaginabili fino ad allora.

Nella motivazione del Premio la grandezza del suo lavoro: “La scoperta del Ngf all’inizio degli anni ’50 e’ un esempio affascinante di come un osservatore acuto possa estrarre ipotesi valide da un apparente caos. In precedenza i neurobiologi non avevano idea di quali processi intervenissero nella corretta innervazione degli organi e tessuti dell’organismo”.

Era partita da Torino, dove era nata il 22 aprile del 1909, la fragile Rita, ragazza minuta e caparbia. Entrata giovanissima alla scuola medica, si laureò nel 1936. Nonostante fosse donna ed ebrea, condizione per la quale fu costretta ad emigrare in Belgio a causa delle leggi razziali emanate dal regime fascista nel ‘38, portò strenuamente avanti la sua carriera accademica come assistente e ricercatrice in neurobiologia e psichiatria. In quegli anni non esitò a fornire il suo supporto alla Resistenza, prestando fra l’altro la sua collaborazione come medico volontario fra gli Alleati.


Tornata in Italia, poco prima dell’invasione tedesca del Belgio, proseguì le sue importanti ricerche in un laboratorio domestico. Amava raccontare che lavorava in camera da letto e che non smetteva neanche sotto i bombardamenti.


Poi arrivò l’opportunità più importante della sua vita. Il direttore del Dipartimento di Zoologia della Washington University di Sant Louis, nel Missouri, la invitò a proseguire le sue ricerche negli Stati Uniti e così l’America diventò la sua seconda patria, vivendoci fino a metà anni settanta.


Ma è sempre stata l’Italia, il suo Paese, il punto di riferimento, il porto sicuro in cui rifugiarsi. E forse la nomina a senatore a vita, voluta dal presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi nel 2001, la emozionò ancor più del premio Nobel.


Parallelamente alla sua carriera accademica, Rita Levi Montalcini ha portato avanti con determinazione il suo impegno in favore dell’emancipazione femminile, dando il suo contributo alla battaglia per la regolamentazione dell’aborto e supportando e promuovendo progetti per aiutare le donne africane.
E proprio questo era l’argomento principale delle nostre conversazioni. Ho avuto l’onore e il privilegio di conoscere Rita Levi Montalcini negli anni in cui è stata a Palazzo Madama. In particolare tra il 2006 e il 2008. Ci confrontavamo sulla straordinaria forza e la bellezza dell’animo di queste donne che, meno di altre, avevano la possibilità di emanciparsi e migliorare la propria condizione.


Dei nostri ultimi incontri rimarrà sempre vivo in me il ricordo delle sue parole, la motivazione che la spingeva a credere in questa causa, che riporto integralmente: “In Africa ci sono milioni di donne intelligenti a cui non viene data la possibilità di usare il cervello. E’ per questo che credo nell’istruzione, il mezzo che permetterà ad esse di acquisire gli strumenti per sviluppare e utilizzare la propria intelligenza”.


Esemplificazione perfetta del concetto della libertà e del diritto a una vita migliore.
Rita Levi Montalcini si scherniva dicendo di avere un’intelligenza mediocre e che il segreto del suo successo era il grande impegno che profondeva senza risparmiarsi. Mai.


La certezza è che lei fosse una scintilla luminosa nel buio della mediocrità del mondo culturale e politico del nostro paese. Una luce che illuminava le tenebre in cui stiamo vivendo questi anni di profonda crisi. La speranza è che il suo insegnamento, di perseveranza e impegno, non vada perso e ci aiuti a superare questa fase che, ci auguriamo tutti, non duri ancora a lungo.

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