L’incontro di due titani: l’immaginifico concerto del duo pianistico Pieranunzi-Salis

I due artisti hanno dato vita ad una dimensione creativa dove una musica ctonia s'incontra con la sua controparte celeste.

L’incontro di due titani: l’immaginifico concerto del duo pianistico Pieranunzi-Salis
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Giuseppe Costigliola Modifica articolo

24 Luglio 2022 - 11.51


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Cosa accade quando una musica ctonia incrocia una musica aerea? Che succede quando ritmi viscerali incontrano – e si scontrano con – sonorità celesti? Be’, accade quel che è accaduto alla Casa del Jazz di Roma la sera del 23 luglio, al concerto del duo pianistico Enrico Pieranunzi Antonello Salis: un oceano musicale che evoca la divina bellezza di un cielo notturno acceso da lampi abbacinanti.

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Salis e Pieranunzi, due punte di diamante della musica italiana: virtuoso fisarmonicista ed eccentrico pianista il primo, eccelso pianista e fine compositore il secondo, artisti il cui talento e la cui misura esulano dal contesto di provenienza, il jazz. Ma anche due musicisti sideralmente lontani quanto a formazione, stile esecutivo e approccio allo strumento, che tuttavia condividono un’assoluta dedizione alla musica. L’idea di riunirli sullo stesso palco, pianoforte contro pianoforte, terragne radici sarde contro antiche tradizioni capitoline, è stata di Luciano Linzi, direttore della Casa del Jazz di Roma. Un’intuizione geniale, accolta con entusiasmo dai due artisti che da sempre si stimano: hanno accettato di incrociare gli strumenti come tra vecchi amici, con una vena di giocosa follia che ha reso memorabile la loro performance.

Il concerto si è aperto col ritmo infernale imposto da Salis, che immagina il pianoforte come uno strumento percussivo: una musica che afferra l’anima e la sevizia con incomparabile dolcezza, che si leva dalle profondità della terra in cerca della sua metà perduta, per attirare la quale riesce a unire struggenti accenni melodici a cadenze indiavolate. Per accordarsi con quei suoni ancestrali, con le sonorità avanguardistiche strappate alle corde del pianoforte anche con l’ausilio degli oggetti più vari, Pieranunzi ha dovuto far ricorso a tutta la sapienza, il rigore musicale e l’esperienza accumulati in anni di tenzoni con i giganti del jazz americano. E in lento divenire, la mirabile misura dei suoi accenti, i ricami e le deliziose sfumature cromatiche delle sue armonie hanno come ammaliato il trascinante invasamento ritmico e melodico del musicista sardo, e quello che pareva un tonante cozzo si è come per magia – la magia del puro talento musicale – sciolto in un soave incontro. Pareva, al folto pubblico, che seguiva sorpreso e affascinato, di assistere ad un match tra superbi pugilatori che d’incanto si sono fusi in un meraviglioso e prolungato amplesso.

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Come ha spiegato Pieranunzi durante il concerto, la musica eseguita è stata tutta improvvisata. E dell’improvvisazione aveva infatti la magmatica energia, i vertiginosi strappi, gli arditi involamenti e i languidi abbandoni. Tra i brani gettati in fiero pasto al pubblico, da ricordare una deliziosamente decostruita “Moon River” di Henry Mancini, una ritmatissima “Well, you needn’t” di Thelonious Monk, una memorabile versione di “Naima” di John Coltrane, tutta giocata sulla schermaglia amorosa dei due pianoforti, un omaggio ad Ennio Morricone con “Il clan dei siciliani”. È stato quest’ultimo un momento particolarmente toccante, con Salis che ha imbracciato il suo strumento di elezione, la fisarmonica, con la quale pare davvero fondersi in un unico organismo, e si è lanciato in una lunga, ardente improvvisazione, poi artigliata dalla maestria pianistica di Pieranunzi, che ha dato vita con il suo compagno ad una complessa tessitura del celebre pezzo dell’indimenticato Maestro.

Insomma, una serata che resterà nella memoria dei fortunati spettatori, allietata inoltre dalla simpatia di Salis e dall’arguta vena comica di Pieranunzi, che ha anche condiviso con il pubblico deliziosi aneddoti sulla sua collaborazione con Ennio Morricone. Visti gli scintillanti risultati di questo incontro, ci si augura che sia il primo di una serie, e che possa trovare forma duratura in un’incisione in grado di ricreare la dimensione estatica plasmata dai due artisti, uno sconfinato e immaginifico spazio dell’anima dove tutto, ma proprio tutto, è reso possibile dall’unione di due puri spiriti creativi.

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