Jim Croce e il tempo in una bottiglia

L’appuntamento musicale del mercoledì

Jim Croce e il tempo in una bottiglia
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Lucia Mora Modifica articolo

16 Marzo 2022 - 18.30 Culture


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È il 20 settembre 1973 e Jim Croce, giovane musicista on the road che suona di locale in locale per provare a farsi conoscere, compie un atto diventato ormai di ordinaria amministrazione: prendere l’aereo per raggiungere il luogo dove si sarebbe dovuto esibire in concerto il giorno successivo. Pochi minuti dopo il decollo, però, l’aereo precipita, schiantandosi contro un albero nei dintorni di Natchitoches, Louisiana.

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La notte del 20 settembre 1973 la musica perde uno dei suoi menestrelli vagabondi più dolci, preziosi e sensibili di sempre. Le nuove generazioni lo conoscono forse grazie alla Marvel, che ha scelto la voce di Jim Croce come sottofondo dell’indimenticabile scena al rallentatore di Quicksilver in X-Men: Days of Future Past; a parte questo celebre omaggio, però, la musica del cantautore statunitense tende a passare un po’ in sordina. Spero con le prossime righe di farvi tornare la voglia di ascoltare (o, perché no, di scoprire) il suo tenero folk.

Facets (1966)

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Voglio talmente bene a Jim Croce che io il suo album peggiore non lo so proprio trovare. Mi dispiace. Neanche Facets – che, in quanto album d’esordio autoprodotto, si presterebbe a un giudizio un po’ più severo rispetto agli altri – riesco a criticare, anzi: se possibile mi commuove ancora di più. Mi commuove il pensiero di un giovane che vuole fare il musicista, ma che non ha né i fondi per finanziare il proprio talento né il supporto della famiglia. Infatti, i 500 dollari che i genitori spendono per la realizzazione di Facets – un regalo per le nozze del figlio con Ingrid Jacobson – non sono un investimento nella musica di Jim, ma nella speranza del suo fallimento. Sperano cioè che la carriera non decolli perché vogliono che il figlio abbandoni la musica per cercare un lavoro più stabile e remunerativo. Purtroppo, sebbene le 500 copie del disco siano andate sold out, le speranze della coppia vengono accontentate e Jim ripiega sul lavoro di camionista per riuscire a mantenersi. 

I Got a Name (1973)

È dall’esperienza al volante che nascono pezzi come Workin’ at the Car Wash Blues, una delle tracce di quello splendido album che è I Got a Name. Il dramma è che Croce morì il giorno stesso dell’uscita della title track che, come quasi sempre accade dopo la notizia della morte di un artista, schizzò in testa alle classifiche. Basta ascoltare I Got a Name per avere una certezza: Jim Croce ha lasciato il mondo (della musica) decisamente troppo presto.

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You Don’t Mess Around with Jim (1972)

Chissà come si fa a non commuoversi ascoltando Time in a Bottle. Io di certo non ne ho idea. “Se potessi conservare il tempo in una bottiglia / la prima cosa che mi piacerebbe fare / Sarebbe conservare ogni giorno fino all’esaurirsi dell’eternità / solo per spenderli insieme a te”. Qualsiasi commento a questa canzone è del tutto inutile. Infatti non ci provo neanche. C’è solo la commozione, ed è bello che sia così.

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