Alessandro Di Battista: "Renzi, Scanzi e una sigaretta. E diedi l'addio a M5s"

Di Battista scrive: "Se Renzi si rende colpevole del ritiro dei suoi ministri, con lui e Italia Viva non potrà esserci un altro governo. Esiste un limite a tutto"

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13 Maggio 2021 - 10.30


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L’ex deputato M5s ha pubblicato un libro in cui ripercorre i giorni e le ore conclusive della crisi che ha portato alla caduta del secondo governo di Giuseppe Conte, raccontando della volontà di entrare nell’esecutivo quale ministro delle Politiche giovanili o dell’Ambiente nel caso in cui si fosse riformato un terzo governo guidato dall’avvocato pugliese con i responsabili e senza la presenza di Matteo Renzi.
Dal 13 gennaio 2021, data in cui le ministre di Italia Viva si sono dimesse dal governo, al 29 gennaio, il giorno della riapertura a Renzi da parte del Movimento 5 Stelle, ho partecipato a riunioni e incontri confrontandomi con tutti. È stato in quei giorni che mi sono convinto a far parte del Conte ter, qualora fosse nato.
Se nell’estate del 2019 avevo rinunciato a un ruolo ministeriale per evitare di ritrovarmi di fianco la Boschi, in quei giorni la prospettiva di sbarazzarci di Renzi mi aveva convinto. Accettai anche l’ipotesi dei responsabili, sebbene non fosse del tutto in linea con i miei valori. I responsabili sono voltagabbana, questa è la verità. 
Ma lo erano anche tutti gli esponenti di Italia Viva eletti tra le fila del Pd e poi andati altrove dopo aver incassato due ministre e un sottosegretario. Non era il massimo governare grazie ai transfughi, lo sapevo bene.
Ma, ripeto, era il modo per mettere all’angolo una combriccola di referenti delle lobbies, tra l’altro ben organizzata. Dunque presi la mia decisione e sostenni la linea del Movimento. 
Sia chiaro, quella linea non l’avevo presa io. L’avevano presa i vertici del Movimento, a cominciare da Crimi, che il 12 gennaio aveva dichiarato: «Se Renzi si rende colpevole del ritiro dei suoi ministri, con lui e Italia Viva non potrà esserci un altro governo.
Esiste un limite a tutto». Poche ora prima anche da Palazzo Chigi erano uscite parole identiche. A quel punto, e solo a quel punto, anche io uscii pubblicamente sostenendo queste posizioni. Chiamai Giulio Gambino, direttore di Tpi, e accettai di rilasciargli un’intervista che mi chiedeva da tempo. […]
Quando l’intervista venne pubblicata fui subissato dai complimenti di deputati e senatori del Movimento. Anche da parte di coloro che, negli ultimi mesi, mi avevano aspramente criticato. Ero molto soddisfatto. Dopo anni di limbo mi sentivo di nuovo parte del progetto. Anche Sahra era felice e, a differenza dell’estate del 2019, mi consigliò di entrare nel governo. Ovviamente sarei entrato a determinate condizioni, ma i miei paletti, in quel momento, coincidevano con quelli del Movimento.
Ad ogni modo, per prendere una decisione definitiva, facevo la stessa domanda ai miei ex colleghi: «Sicuri? La linea non cambia?», «No, tranquillo». «Guardate che mi espongo», «Vai tranquillo Alessandro». «Sì Conte, No Renzi fino alla fine?», «Fino alla fine». «Anche se non si trovano i responsabili?», «Anche se non si trovano i responsabili». A quel punto, sebbene temessi che la linea sarebbe potuta cambiare, iniziai a martellare. Sono tornato a scrivere sui social, ho chiamato alcuni parlamentari dubbiosi, e ho detto a Luigi Di Maio e a Stefano Patuanelli che avrei accettato di fare il ministro qualora fosse arrivata una proposta concreta. Mi sarebbe piaciuto occuparmi di Politiche giovanili, questo per provare a portare a casa il Servizio Civile Ambientale. Certo, guidare il ministero dell’Ambiente sarebbe stato più prestigioso e politicamente rilevante, ma non volevo minimamente inimicarmi Sergio Costa, un servitore dello Stato. 
Tuttavia i piani cominciarono a cambiare il 27 gennaio 2021, poco prima che partecipassi, in diretta, alla trasmissione Accordi e Disaccordi condotta da Andrea Scanzi e Luca Sommi. Avevo appena ricevuto un paio di telefonate piuttosto allarmanti. Mi avvertirono che i responsabili latitavano e che la linea tracciata stava cambiando.
Si era deciso di tornare con Renzi. Ovviamente, durante la trasmissione, mi domandarono se fosse possibile governare, ancora una volta, con i renziani. Io, in cuor mio, sapevo che quella nefasta possibilità fosse ormai una certezza, tuttavia, dato che nessuno mi aveva comunicato ufficialmente l’imminente inversione a U, mantenni il punto. Sebbene mi si leggesse chiaro in volto il pessimismo, risposi ribadendo la linea, quella linea che sapevo non fosse più condivisa dai vertici del Movimento, ma che io, continuavo a ritenere l’unica possibile. 
«Deve riaprire il Movimento a Renzi, sì o no?», mi domandò Sommi. Io risposi così: «Il Movimento – e mi pare di capire anche il presidente del Consiglio – hanno tirato fuori una linea che condivido. Occorre soltanto portarla avanti fino alla fine. Perché se la porti fino alla fine, sono convinto ci saranno delle sorprese. Con coraggio, con determinazione, con onestà intellettuale». Sapevo, ripeto, che la linea stesse cambiando proprio in quegli istanti. Ciononostante scelsi di tirare dritto.
Non volli aprire alcuno spiraglio e lo feci, innanzitutto per me stesso. Volli allontanare immediatamente qualsiasi tentazione. Pochi minuti prima di andare in diretta uscii dallo studio per fumare una sigaretta. Ripensai alla mia vita, ai miei figli, alla mia compagna e a mia mamma. In quel momento dovevo prendere una decisione.
Fare o non fare il ministro, sempre ammesso che me lo avessero proposto ufficialmente, lo avrei deciso in quegli istanti. Se alla domanda di Sommi avessi risposto in modo più morbido, anche nel caso di un Conte ter con dentro Italia Viva avrei, probabilmente, fatto il ministro. Se, al contrario, avessi risposto in modo perentorio e coerente con quel che era stato detto fino a quel momento, avrei ancora una volta perso il treno, sebbene stavolta sarei stato io a decidere di perderlo. 
Non solo non feci alcuna apertura ma l’indomani, quando Crimi comunicò, di fatto, il cambio di linea e, dunque, la disponibilità di governare con Renzi, immediatamente uscii così: “Il 12 gennaio scorso condivisi la linea presa dai principali esponenti del Movimento 5 Stelle e scrissi queste parole: «Non so quel che farà o meno nelle prossime ore il manipolo di anti-italiani.
Mi interessa quel che farà il Movimento. Ebbene, io credo che se i renziani dovessero aprire una crisi di governo reale in piena pandemia, nessun esponente del Movimento dovrebbe mai più sedersi a un tavolo, scambiare una parola, o prendere un caffè con questi meschini politicanti».
Prendo atto che oggi la linea è cambiata. Io non ho cambiato opinione. Tornare a sedersi con Renzi significa commettere un grande errore politico e direi storico. Significa rimettersi nelle mani di un “accoltellatore” professionista che, sentendosi addirittura più potente di prima, aumenterà il numero di coltellate.
E ogni coltellata sarà un veto, un ostacolo al programma del Movimento e un tentativo di indirizzare i fondi del Recovery verso le lobbies che da sempre rap- presenta. L’ho sempre pensato e lo penso anche adesso. Se il Movimento dovesse tornare alla linea precedente, io ci sono. Altrimenti arrivederci e grazie”. Arrivederci e grazie. Fu in quel momento che iniziai a maturare l’ipotesi di lasciare il Movimento.

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