Torna Domenico Iannacone: "Dopo il Covid ci vuole una nuova costituzione dell'umanità"
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Torna Domenico Iannacone: "Dopo il Covid ci vuole una nuova costituzione dell'umanità"

Domenica 10 maggio, su Rai3, alle 20.30 riprende il raccondo di "Che ci faccio qui". Un programma nel quale atrraverso i reportage si raccontano realtà poco conosciute. Si parte dalla piana di Rosarno.

Domenico Iannaccone
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2 Maggio 2020 - 20.15


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Domenico, riprendi il tuo viaggio, a raccontare l’Italia e già all’inizio ti addentri nelle storie degli ultimi.  “Perché vedo in loro la necessità del riscatto e l’inizio di una nuova esistenza. Dopo l’emergenza Covid-19 che non ha risparmiato nessuno, è necessario riconoscerci, ognuno di noi, in una nuova umanità che si uniforma a regole di rispetto e solidarietà. Una nuova Costituzione per gli esseri viventi…”.

L’appuntamento è per domenica 10 maggio, su Rai3, alle 20.30. “Che ci faccio qui”, il programma di Domenico Iannacone – lo abbiamo detto lo scorso anno – è una finestra che si apre, che fa entrare aria fresca, odore di vita, lì dove si sentiva lo stantio dei talk tutti uguali, tutti con gli stessi ospiti a ripetizione. Iannacone, col suo reportage, vuole rispondere ad alcune domande: prima che la pandemia ci travolgesse chi eravamo veramente? Quali e quante le responsabilità nelle carenze in cui versa una parte della popolazione non solo italiana, ma mondiale? Quale era la nostra visione del mondo? Ci siamo mai curati di quello che succedeva attorno a noi e agli altri? “Avevamo terminato le riprese a pochi giorni dalla chiusura delle prime zone rosse – ricorda Iannacone – cui sono seguiti gli altri decreti di lockdown per tutto il paese”. Ma, aggiunge, “se vogliamo sono collegate con l’attualità immediata, ricostruiscono gli ultimi tratti di un’umanità che subito dopo non sarebbe più stata la stessa. Uno specchio impietoso per guardare dentro di noi, comprendere tutte le nostre omissioni e capire quello che non abbiamo fatto per noi stessi e per gli altri. Quante volte abbiamo finto di non comprendere? Storie di dolore, emarginazione ma anche riscatto per scrivere le regole di una nuova Costituzione di tutti gli esseri viventi. Se vogliamo vederla in modo poetico, mi sento come un personaggio di un film di Wim Wenders che vaga invisibile sulla città, ascoltando i pensieri dei passanti”. Questa volta lo sguardo di Che ci faccio qui e di Iannacone, insomma, è ancora più profondo, perché rimanda a riflessioni sul cambiamento radicale della nostra vita quotidiana imposto dall’emergenza pandemica. La prima puntata ha per titolo ‘Ogni santo giorno’, il capitolo 1 della serie, cui seguirà la seconda con il capitolo 2 la domenica successiva.

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Il viaggio inizia nella piana di Rosarno dove migliaia di braccianti vivono in accampamenti di fortuna e ruderi abbandonati senza luce né acqua. “Non è un caso questa scelta – sottolinea il giornalista e autore -: quel pezzo di Italia è diventato l’epicentro dello sfruttamento di esseri umani costretti a lavorare senza diritti e senza tutele. In quelle stesse terre dilaga la povertà per moltissimi italiani, anche loro abbandonati a se stessi e privati di ogni forma di sussistenza”. Iannacone documenta le condizioni di vita estreme di chi ha sempre vissuto ai margini dell’umanità. Ad accompagnarlo in questa discesa agli inferi c’è Bartolo Mercuri, un negoziante di mobili che ‘ogni santo giorno’, da più di 20 anni, dedica la propria vita alle persone più fragili e povere del suo territorio. Un viaggio in due puntate tra gli invisibili che lottano per la sopravvivenza e la storia di un uomo che ha deciso di compiere un gesto d’amore verso di loro. “Mercuri porta viveri, vestiti, coperte, non solo agli immigrati che lo chiamano ‘papà Africa’, ma anche alle famiglie povere italiane”.

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La terza puntata è ambienta nella periferia di Roma: “Siamo andati a Corviale, quartiere noto per la presenza del grande complesso popolare, conosciuto dai romani come il “Serpentone”, un mega edificio degli anni ’70, Insomma un piccolo paese in un solo mega palazzo. Ma oltre al noto agglomerato di cemento, dove vivono centinaia di famiglie, di fronte abbiamo trovato una realtà incredibile”. Il titolo è ‘Il campo dei miracoli’: “Il Calcio sociale è una metodologia educativa basata sul calcio, in cui le regole sono ripensate: uomini, donne, persone con difficoltà di varia natura, tutti insieme con i valori positivi della solidarietà e dell’inclusione, del gioco di squadra e del rispetto delle regole. Chiunque può partecipare, purché abbia un’età compresa tra i 10 e i 90 anni. Non esiste l’arbitro, ogni giocatore deve imparare ad essere responsabile. Un giocatore non può fare più di 3 goal a partita, ma deve aiutare gli altri a segnare di base è che dove c’è un campo di calcio, c’è l’opportunità di una società migliore…”. L’ultima puntata è ambientata a Torino (non sono state elencate tutte, perché non tutte hanno un titolo) è si chiamerà ‘Io ti salverò’. Ma perché Iannacone si addentra sempre nelle storie degli ultimi? “Perché vedo in loro la necessità del riscatto e l’inizio di una nuova esistenza. Dopo l’emergenza Covid-19 che, come abbiamo visto, non ha risparmiato nessuno e nessuna super potenza, è necessario riconoscerci, ognuno di noi, in una nuova umanità che si uniforma a regole di rispetto e solidarietà. “Una nuova Costituzione per gli esseri viventi”. “Ma anche noi che facciamo informazione, che raccontiamo le storie, dobbiamo stare attenti al modo di comunicare, perché anche la narrazione ci imporrebbe dei codici di comportamento”.

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