Massini racconta la Resistenza di Marcello, morto novantenne di Coronavirus
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Massini racconta la Resistenza di Marcello, morto novantenne di Coronavirus

Il monologo di Stefano Massini a Piazzapulita, sulla 'retorica' del 25 aprile.

Stefano Massini
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23 Aprile 2020 - 21.23


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“Mi ha colpito che qualcuno mi ha detto: quest’anno mi è andata bene che il 25 aprile cade di sabato, perché se no dovevi parlarne a Piazzapulita. Perché il 25 aprile è risaputamente un argomento retorico. Ecco perché ne parlo oggi”. Esordisce così il monologo di Stefano Massini, che stasera racconta la storia di Marcello: “All’inizio del 2000, Marcello andava nelle scuole insieme a quelli che hanno fatto la Resistenza insieme a lui, ma faceva parlare sempre gli altri. Ma poi, quando si è trovato solo, ha raccontato la sua di storia: lui era un figlio di contadini che negli anni ’40 andava all’università. Arrivò la guerra, ma continuava a studiare di notte, dopocena, fino a tarda ora. Ma i vicini di casa non l’avevano digerita questa cosa che un figlio di contadini andasse all’Università e quella luce accesa non li convinceva: chiamarono la polizia. Lo picchiarono perché sospettato di essere contro il regime, non gli credevano che studiava, perché era figlio di contadini. E giù botte. ‘Io a casa ho gli appunti’ diceva Marcello, ma ‘sono pieni di cifre strane: dacci la chiave per decifrare cosa c’è scritto’ gli rispondevano loro. Marcello racconta che alla fine lo lasciarono stare e fu rimandato a casa. E aggiungeva che dal giorno dopo divenne parte della Resistenza, perché ogni pugno, ogni schiaffo, ogni calcio, era una ragione più che buona perché quella porcheria finisse”.

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“L’altro giorno, quando ho cercato di contattare Marcello, ho scoperto che è stato ucciso dal Coronavirus. Mi ha fatto ricordare un libro, Fahrenheit 451, dove si dice che ci sono persone che imparano i libri a memoria, affinché la memoria di quelle parole continuino nei loro corpi. Io vorrei dire a Marcello che la sua storia la racconto io, me ne prendo la responsabilità, anche se tu e tanti come te non possono più farlo. E a chi pensa che sia retorico dico: la memoria è la risposta alla domanda del perché siamo qui, e perché siamo così. Pensiamo che la memoria sia come un film d’avventura, che sappiamo come va a finire. Ma chi se ne frega se sappiamo chi sono i buoni e chi sono i cattivi, perché quella è la ragione per cui abbiamo la libertà di dire che questa cosa è retorica. Sono arrabbiato con chi parla di retorica, con chi dice che quei pugni presi da Marcello sono retorici. A questi esperti di retorica, io che la retorica la insegno all’università vorrei rispondere con una frase che possiede, guarda caso, quattro figure retoriche: l’invettiva, il climax, l’apostrofe e l’iperbole: “ che se ne vadano a fanculo”.

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