Stefano Massini: Le dieci cose che cambieranno dopo il Coronavirus
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Stefano Massini: Le dieci cose che cambieranno dopo il Coronavirus

Da uno studio vuoto, Massini racconta quali sono (secondo lui) le dieci cose che cambieranno profondamente dopo che finirà l'emergenza coronavirus

Stefano Massini
Stefano Massini
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12 Marzo 2020 - 22.05


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Nello studio vuoto di Piazzapulita, inizia il monologo del giovedì di Stefano Massini, ovviamente a tema Coronavirus. Ma Massimi come sempre sorprende, perché parte da una fotografia, di un neonato:
“Lui si chiama Alessandro, e oggi arriva a un importante traguardo: compie 30 giorni, il suo primo mese di vita. Alessandro è nato appena prima che in Italia scoppiasse l’epidemia di Coronavirus. Ed è pensando a lui, che ha tutta la vita davanti, che ho pensato di parlarvi delle dieci cose che cambieranno quando tutto questo sarà finito”.
“Al decimo posto, cambierà la nostra idea del mondo: fino all’altro ieri avevamo l’idea del mondo come un condominio, dall’attico dove vivevano i ricchi fino allo scantinato dove c’è il terzo mondo. Il virus ci insegna che ci possiamo ammalare tutti.
Al nono posto: cambierà il nostro concetto di chilometro zero. Abbiamo cercato, negli ultimi anni, di avere tutte le cose comodamente sul divano di casa. Ma oggi, che siamo obbligati a stare in casa, ci rendiamo conto che vorremmo stare fuori. Di voler andare allo stadio e al cinema, e non di guardare le partite e i film in streaming. Avremo voglia di tornare fuori. 
All’ottavo posto: cambieranno le differenze e le divisioni. È chiuso il piccolo fornaio sotto casa, ed è chiusa la serie A. Siamo tutti a casa. 
Al settimo posto: la politica. Quando un essere umano prova una profonda paura, uno schok, tutto ciò che c’era prima comincia a sembrare vecchio. Il mondo probabilmente avrà una politica diversa, perché tutto ciò che era prima, tutto ciò di cui discutevamo prima, sembra ora ammuffito.
Al sesto posto: la circolarità. Un amico mi ha detto ‘guarda, gli alberi sono in fiore, ma non sembra nemmeno primavera’. È vero: ci siamo abituati a un mondo circolare, in cui tutto si ripeteva identico. Arrivava l’estate e c’era il caldo, poi l’autunno e si tornava a scuola o a lavoro, poi l’inverno e c’è Natale, e così via, all’infinito. Non è più così. Ora sappiamo che il tempo si può inceppare. 
Poi c’è il modo differente in cui parliamo con i nostri amici: abbiamo creduto che fosse possibile sostituire gli amici veri con gli amici virtuali. Ma cambierà: avremo bisogno di contatto.

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Terzo: la paura, non sarà più uguale. Dopo aver provato davvero la paura, essa non avrà più effetto. Non saremo disposti a credere a chi agita ombre senza che ci siano veramente problemi reali.

Secondo: la memoria. È successo qualcosa di fondamentale, abbiamo provato in Occidente qualcosa di maggiore degli attentati, un dramma collettivo. Si dirà ‘ma tu c’eri quando c’è stato il coronavirus?’. Si, c’eravamo, noi l’abbiamo visto. Abbiamo tolto la memoria a chi ci raccontava degli orrori della seconda guerra mondiale, ora non è più così.

Infine: la madre di Alessandro ha scritto un post che mi ha colpito: abbiamo provato a metterti una cuffietta ma eri troppo fragile. Siamo tutti così, in questo momento: siamo consapevoli di essere fragili. Ci siamo illusi di essere onnipotenti, ma non è vero. Il coronavirus ci ricorda che siamo tutti estremamente fragili.

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