Massini, quando siamo di fronte all'orrore il razzista che è in noi esce fuori
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Massini, quando siamo di fronte all'orrore il razzista che è in noi esce fuori

Il monologo della settimana di Stefano Massini, questa volta su un fatto di cronaca che ha particolarmente colpito l'autore

Stefano Massini
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21 Novembre 2019 - 22.05


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“Io stasera avevo in mente di raccontarvi un’altra cosa, ma ho cambiato idea per una cosa molto grave che mi è successa”. 
Inizia così il monologo di Stefano Massini a Piazzapulita, questa volta particolarmente emozionante.
“Sono uscito di casa, raffreddato, per andare a comprare un antistaminico. Davanti alla farmacia ho visto un sacco di sirene, un assembramento di persone. Ho capito che non sarei andato in farmacia: perché una delle farmaciste aveva visto una borsa fuori, lasciata lì da ore. Dentro c’era il cadavere di una bambina appena nata, ancora con il cordone ombelicale appeso”.

“Non so se è stato un dramma della disperazione, sarà l’inchiesta a dare risposte ma non saranno abbastanza forti. Sono qui stasera perché io ho sentito qualcosa dentro di me. Ero lì con altri sconosciuti e pensavo questa frase nella mia testa e poi l’ho sentita: ‘era straniera vero?’ No, era bianca. ‘Allora sarà stata cinese, magari rom’ ha detto qualcuno. E io lì ho scoperto che sono razzista, perché anche io l’ho pensato”.
“Quando ci troviamo davanti a qualcosa di orrendo, quando la realtà si inceppa, noi rimuoviamo. Pensiamo che chi è come noi, chi ha fatto le nostre scuole, chi ha respirato la nostra stessa aria, chi è italiano come noi, non potrebbe mai fare qualcosa di mostruoso. E per questo che abbiamo bisogno dello straniero: perché loro sono diversi da noi”.

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“Mi ha fatto pensare: il razzismo è un circolo vizioso. Se noi vivessimo in un paese nel quale davvero gli stranieri non entrano, in cui ci fossero solo italiani, bianchi e cattolici, allora sì che saremmo nella merda, perché la colpa sarebbe solo nostra”.

“Altro pensiero: fondamentalmente è facile guardare il razzismo degli altri. La verità è che il razzismo è come un virus, e ognuno di noi quando meno se lo aspetta, è contagiato. Si annida all’interno delle parole, specie quando mettiamo il pilota automatico e non riflettiamo più. Nessuno è perfettamente antirazzista, l’antirazzismo è una scelta volontaria, un’attenzione, un controllo della bestia che è in noi. Che vorrebbe dire che noi il male non lo facciamo, lo fanno gli altri”.

“Ultimo pensiero: quella bambina non aveva un nome, le hanno dato quello del santo del giorno. Quando vieni al mondo sei semplicemente un essere umano. E chi se ne frega se hai diritto a un nome e non ce l’hai, se hai la pelle di un colore diverso: sei un essere umano. Quella bambina non ha avuto nulla di umano. Quando si viene al mondo si è esseri umani. Punto. Non c’è altro”.  

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