Il discorso di Malcom X: la scheda o il fucile
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Il discorso di Malcom X: la scheda o il fucile

L'attivista per i diritti nacque il 19 maggio del 1925 e morì il 21 febbraio del 1965. Nel 1964 proununciò uno dei suoi discorsi più celebri.

Il discorso di Malcom X: la scheda o il fucile
Malcom X
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19 Maggio 2023 - 08.31


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Il 19 maggio del 1925 nacque Malcom X, Storico attivista e leader politico dell’America degli anni 50-60.
Dieci giorni dopo la dichiarazione d’indipendenza di Malcolm X, la Muslim Mosque Inc. tenne la prima di quattro manifestazioni pubbliche convocate ad Harlem la domenica sera nel corso delle quali Malcolm cominciò a formulare l’ideologia e la filosofia di un nuovo movimento. Secondo molti ascoltatori si trattò dei migliori discorsi fatti da Malcolm. Nello stesso tempo, accettò di fare delle conferenze fuori New York, a Chester nella Pennsylvania, a Boston, a Detroit e a Cleveland.

Proprio a Cleveland, in un discorso pronunciato il 3 aprile del 1964 nella Cory Methodist Church, Malcolm X espose molti temi che era venuto sviluppando nel corso delle manifestazioni di Harlem. La riunione, patrocinata dalla sezione di Cleveland del Core, prese la forma di una tavola rotonda intitolata: “La rivolta negra. Cosa verrà dopo?” Il primo oratore fu Louis E. Lomax il cui intervento rifletteva la dottrina del Core e fu accolto favorevolmente dal vasto pubblico, per la maggior parte negro. Il discorso di Malcolm X ricevette consensi ancora maggiori, sebbene differisse sulle questioni fondamentali dall’impostazione tipica delle riunioni del Core.

“La Scheda o il Fucile” è il titolo dato dallo stesso Malcolm X a questo suo discorso, importante, tra le altre cose, perché contiene l’affermazione che elementi del nazionalismo nero facevano parte in misura sempre crescente della Naacp e del Core. Il congresso dei nazionalisti neri, che Malcolm annunciava in questo suo discorso per l’agosto del 1964, non fu però mai convocato.

La Scheda o il Fucile

Signor moderatore, fratello Lomax, fratelli e sorelle, amici e nemici, poiché non posso credere che tutti i presenti siano amici e al tempo stesso non voglio trascurare nessuno. L’argomento di stasera è: «La rivolta negra: quali sviluppi avrà?»; oppure, per dirla in altre parole: «Che cosa verrà dopo?». A mio modesto modo di vedere essa pone un preciso dilemma: la scheda o il fucile. Prima di spiegare cosa intendo dire con questa espressione, vorrei chiarire qualche punto che mi riguarda.

Sono ancora musulmano, l’Islam è ancora la mia religione. Questa è la mia fede personale. Così come Adam Clayton Powell è un pastore cristiano che dirige la Abyssinian Baptist Church di New York, ma al tempo stesso partecipa alla lotta politica per la conquista dei diritti dei neri in questo paese, allo stesso modo in cui il dottor Martin Luther King fa il pastore cristiano ad Atlanta nella Georgia e al tempo stesso è alla testa di un’altra organizzazione nera per i diritti civili; cosi come il reverendo Galamison – credo che lo abbiate sentito rammentare – è un altro pastore cristiano di New York che pure si è profondamente impegnato nel boicottaggio scolastico per combattere la segregazione, ebbene, anch’io sono un pastore, non cristiano ma musulmano e credo nell’azione su tutti i fronti con tutti i mezzi necessari.

Sebbene sia ancora musulmano, non sono venuto qui stasera a parlare della mia religione o a cercare di cambiare le vostre convinzioni in materia. Non sono venuto qui per discutere di ciò che ci divide perché è tempo di cancellare i nostri disaccordi e di renderci conto che abbiamo tutti lo stesso problema, un problema comune, un problema che vi costringerà a vivere in questo inferno sia che siate battisti, metodisti, musulmani, o nazionalisti. Non importa se siete colti o analfabeti, se abitate in zone eleganti o nel ghetto, siete anche voi in questo inferno, proprio come me. Siamo tutti nelle stesse condizioni e tutti dovremo vivere nello stesso inferno che ha organizzato per noi lo stesso uomo. Quell’uomo è il bianco e tutti noi abbiamo sofferto qui, in questo paese, l’oppressione politica, lo sfruttamento economico, la degradazione sociale ad opera dell’uomo bianco.

Il dire queste cose non significa che siamo contro i bianchi come tali, ma contro lo sfruttamento, contro la degradazione e contro l’oppressione. Se l’uomo bianco non vuole che siamo suoi nemici, ebbene la smetta di opprimerci, di sfruttarci e di degradarci. Indipendentemente dal fatto che siamo musulmani, cristiani, nazionalisti, agnostici o atei, dobbiamo prima di tutto imparare a superare i nostri contrasti. Se tra noi ci sono delle divergenze, discutiamone in privato e quando ci mostriamo in pubblico non accapigliamoci tra di noi prima di aver finito di discutere con l’uomo bianco. Se il defunto presidente Kennedy poté incontrarsi con Kruscev e stabilire degli scambi commerciali, noi abbiamo molte più cose in comune tra di noi di quante non ne avessero loro.
Se non si agisce presto, penso che dovrete convenire sul fatto che saremo costretti a servirci o della scheda o delle pallottole. Nel 1964 sarà la volta dell’una o delle altre. Non è che stia per arrivare il momento: il momento è già arrivato. Il 1964 minaccia di essere l’anno più esplosivo che l’America abbia mai visto. L’anno più esplosivo. Perché? E anche un anno politico, è l’anno in cui tutti i politicanti bianchi torneranno nelle comunità negre a far la corte a voi e a me per farsi dare qualche voto; l’anno in cui tutti gli imbroglioni della politica bianca verranno qui nelle nostre comunità con le loro false promesse, ad alimentare le nostre speranze di pacificazione, con i loro trucchi e i loro inganni, con le false promesse che non hanno nessuna intenzione di mantenere. Con questi metodi essi alimentano l’insoddisfazione che può portare solo a una cosa: l’esplosione. Ora qui in America – mi dispiace, fratello Lomax – ha fatto la sua comparsa il tipo di uomo nero che non tollera più di porgere l’altra guancia.
La Scheda o il Fucile
II

Non state a sentire quelli che vi dicono che la lotta è impari. Se vi arruolano nell’esercito, vi mandano in Asia a fronteggiare ottocento milioni di cinesi. Se riuscite ad aver coraggio là, potete a maggior ragione qui. La lotta è più impari là che qui e se combattete qui, almeno sapete per cosa versate il vostro sangue! Non sono un uomo politico e neppure uno studioso di scienze politiche. A dire il vero non sono uno studioso di niente in particolare, non sono democratico né repubblicano e non mi considero neanche americano. Se voi e io fossimo americani non esisterebbe alcun problema. Gli ungheresi diventano americani appena scendono dalla nave; i polacchi sono già americani e così pure gli emigranti italiani. Tutti quelli che son venuti dall’Europa; tutti quelli che avevano gli occhi blu sono già americani ma noi, con tutto il tempo che siamo stati qui, non lo siamo ancora.

Ebbene, non sono uno a cui piaccia farsi delle illusioni e non sono disposto a sedermi al tavolo con uno che mangia, mentre a me non si serve nulla, e poi a considerarmi come un commensale. Non si diventa commensali solo per il fatto di sedersi a un tavolo; lo si è solo se si può mangiare. Il fatto di essere in America non basta a renderci americani. Il fatto di essere nati qui in questo paese non basta a renderci americani. Infatti, se fosse sufficiente il diritto di nascita, non ci sarebbe bisogno di nessuna legislazione, di nessun emendamento alla Costituzione e ora non si assisterebbe all’ostruzionismo parlamentare (filibustering) dei provvedimenti sui diritti civili. Per trasformare un polacco in americano non c’è bisogno di approvare nessuna legge sui diritti civili.

No, io non sono americano. Sono uno dei ventidue milioni di uomini dalla pelle nera che sono vittime dell’americanismo, uno dei ventidue milioni di vittime della democrazia che non è altro che un’ipocrisia travestita. Non vengo qui a parlarvi da americano, da patriota, non sono uno che saluta la bandiera o che la tira fuori ad ogni occasione, no! Io vi parlo da vittima del sistema americano; vedo l’America con gli occhi della vittima e non riesco a vedere nessun sogno americano. Quello che vedo è un incubo americano.

Questi ventidue milioni di vittime si stanno svegliando; stanno aprendo gli occhi; cominciano a vedere quello che prima erano soliti solo guardare; stanno diventando maturi politicamente. Cominciano a rendersi conto che ci sono dei problemi politici, delle correnti politiche in tutto il paese e che, tutte le volte che ci sono le elezioni, capita che i risultati siano quasi uguali da obbligare a un secondo conteggio delle schede. Nel Massachusetts, nelle elezioni governatoriali, fu necessario rifare il conteggio delle schede e lo stesso accadde a Rhode Island, nel Minnesota e in molti altri stati. Quando Kennedy e Nixon si batterono per la conquista della presidenza degli Stati Uniti, lo scarto dei voti fu talmente esiguo che si dovette procedere a nuovi conteggi. Cosa vuol dire tutto ciò? Che quando i bianchi sono divisi in due gruppi quasi della stessa forza e i neri dispongono di un blocco di voti, spetta a loro decidere chi andrà alla Casa Bianca e chi invece sarà sconfitto.

L’attuale amministrazione è stata eletta proprio col voto dei neri. E’ stato il vostro voto, il vostro voto stupido e ignorante, il vostro voto sciupato a farli andare a Washington, a eleggere un’amministrazione che si è prima preoccupata di chissà quali leggi e poi, per ultimi, di voi, arrivando, come se non bastasse il resto, a servirsi sistematicamente dell’ostruzionismo parlamentare. I vostri e i miei leader hanno il coraggio di fregarsi le mani e dirci che stiamo facendo grandi progressi. E che buon presidente abbiamo! Se non andava bene nel Texas, siate certi che non va bene neanche a Washington. Il Texas è uno stato in cui vige ancora la legge del linciaggio. E come il Mississippi, non c’è nessuna differenza: solo che nel Texas ti linciano con la pronuncia texana e nel Mississippi con quella locale. Questi leader negri hanno il coraggio di andare a prendere il caffè alla Casa Bianca con un texano, un imbroglione sudista – perché tale è Johnson – e poi venirci a dire che sarà meglio per noi visto che è del Sud e sa come trattare i sudisti. Che specie di logica è questa? Allora facciamo presidente Eastland che è anche lui del Sud. Forse è meglio di Johnson per trattare con i sudisti!

III

In quest’amministrazione siedono sui banchi del Congresso 257 democratici contro soli 177 repubblicani. I primi controllano dunque i due terzi dell’assise parlamentare. Perché, ditemi un po’, non riescono a far approvare qualche legge che ci sia veramente di aiuto? Al Senato ci sono 67 democratici e 33 repubblicani. Ebbene, i democratici hanno il governo nelle loro mani e per merito vostro. Eppure cosa vi hanno dato in cambio? Sono quattro anni che hanno il potere e solo ora cominciano a tirar fuori qualche legge sui diritti civili. Solo ora, dopo che tutto è perduto, che le cose son sfuggite al controllo, si mettono 1ì a discutere e a beffarsi di voi per tutta l’estate con quel loro vecchio gioco che chiamano filibustering.

Tutte queste persone sono in combutta fra di loro. Non vi illudete che non sia così poiché colui che dirige l’ostruzionismo contro le leggi sui diritti civili è un senatore della Georgia di nome Richard Russell. Quando Johnson divenne presidente, la prima persona che mandò a chiamare al suo ritorno a Washington fu «Dicky». Questo fatto vi dà un’idea di come sono amici. Russell è il suo preferito, il più intimo, il più caro dei suoi amici. Eppure tutti e due giocano a quel vecchio giochetto in cui uno ti fa credere di essere dalla tua parte mentre l’altro ti è così decisamente contrario da non essere affatto obbligato a mantenere alcuna promessa.

Ora, nel 1964, è dunque venuto il momento di svegliarsi e quando si vede che si sta tramando una congiura di questo genere, è necessario che voi facciate sapere loro che avete gli occhi aperti, e che avete anche qualcos’altro di aperto perché la scelta è oggi tra la scheda e il fucile. La scheda o il fucile, vi ripeto. Se avete paura di servirvi di questa espressione, ebbene tornatevene in campagna, nel campo di cotone, oppure in qualche vicolo buio dei bassifondi. Si pigliano tutti i voti dei negri e dopo ai negri non tocca niente. Tutto ciò che hanno fatto una volta arrivati a Washington è stato di dare dei grossi posti ad alcuni papaveri negri che non ne avevano bisogno perché erano già sistemati. Questo è un imbroglio, un tradimento, un abile modo di camuffare la verità, di darla ad intendere. Non crediate che critichi i democratici per difendere i repubblicani, perché tra poco mi occuperò di loro. Tuttavia bisogna dire che mentre voi avete dato la preferenza ai democratici, questi vi hanno preso in considerazione per ultimi.

Guardate in faccia la realtà. Quali alibi tirano fuori, visto che controllano sia il Congresso che il Senato? A quali alibi ricorrono quando noi domandiamo tra quanto manterranno le loro promesse? Danno la colpa ai capi del Sud, ai Dixiecrats (2). Chi sono i Dixiecrats [Democratici degli stati del Sud, n.d.R.]? Dei democratici, niente altro che dei seguaci del partito democratico travestiti. Il loro capo è anche capo dei Dixiecrats poiché questi fanno parte del partito democratico. I democratici non hanno mai cacciato i Dixiecrats fuori dal partito, anzi una volta furono loro a fare una scissione! Immaginate un po’ questi straccioni di segregazionisti del Sud che trattano dall’alto al basso i democratici del Nord! Eppure questi non li hanno mai cacciati via. No, guardate le cose come sono. Fanno il solito giochetto, uno da una parte e l’altro dall’altra mentre noi siamo lì nel mezzo. E tempo che ci svegliamo, che cominciamo a considerare le cose come sono, a cercare di capirle e a comportarci in base alla realtà.

A Washington i Dixiecrats controllano le commissioni chiave che determinano la politica del governo e l’unica ragione va cercata nella loro anzianità. Ciò si spiega col fatto che sono eletti in stati in cui i negri sono esclusi dal voto. Il nostro non è un governo fondato sulla democrazia, non è un governo composto di rappresentanti del popolo, perché nel Sud metà degli elettori sono esclusi dal voto. Eastland non dovrebbe neanche essere a Washington e metà dei senatori e dei membri del Congresso che detengono posizioni chiave sono stati eletti illegalmente e in modo del tutto incostituzionale.

La Scheda o il Fucile
IV

Una settimana fa ero a Washinghton quando stavano discutendo se aprire o no il dibattito sulla legge per i diritti civili. In fondo alla sala in cui il Senato tiene le sue riunioni c’è un’enorme carta geografica degli Stati Uniti su cui sono indicati i luoghi in cui risiedono i negri. Da quella carta si ricava che il Sud del paese, gli stati in cui più forte è la concentrazione dei negri, sono anche quelli che mandano a Washington senatori e rappresentanti che organizzano l’ostruzionismo e si servono di tutti i trucchi possibili per impedire che i negri votino. Tutto ciò è doloroso, ma per noi ormai non lo è più. In realtà è doloroso per l’uomo bianco perché ben presto, quando i negri si sveglieranno un po’ di più, capiranno la trappola in cui si trovano, i veri termini del gioco, e seguiranno una nuova tattica.

Questi senatori e rappresentanti al Congresso violano gli emendamenti alla Costituzione che garantiscono agli abitanti di quello stato o contea il diritto di voto. E la Costituzione contiene in teoria il meccanismo adatto per espellere i rappresentanti di quello stato in cui si violino i diritti politici dei cittadini. Non ci occorrono nuove leggi. Tutti coloro che nel Congresso rappresentano uno stato o un distretto in cui si violino i diritti politici dei cittadini dovrebbero essere espulsi, e quando ciò accadesse si sarebbero rimossi gli ostacoli che impediscono l’approvazione di leggi veramente significative. Infatti, una volta espulsi tali rappresentanti, non c’è più bisogno di nuove leggi poiché a sostituirli verrebbero i rappresentanti di quelle contee e distretti in cui i neri sono la maggioranza.

Se in questi stati del Sud i neri godessero pienamente del loro diritto al voto, i Dixiecrats-chiave di Washington, che poi sono anche i personaggi-chiave del partito democratico, perderebbero i loro seggi. Lo stesso partito democratico perderebbe il suo potere. Se riuscite a valutare in quale misura il partito democratico perderebbe il suo potere se gli venisse a mancare l’ala, la succursale, o se preferite la componente sudista, allora vi sarà chiaro perché è contro l’interesse dei democratici concedere il diritto di voto ai negri in quegli stati in cui costoro hanno avuto in mano tutto il potere e l’autorità fino dai tempi della guerra civile. Non è giusto appartenere a quel partito senza analizzarne la dinamica.

Ripeto che non sono antidemocratico né antirepubblicano né antiniente. Sto solo mettendo in dubbio la loro sincerità e discutendo certi aspetti della strategia che hanno adoperato nei nostri confronti facendoci promesse che non avevano nessuna intenzione di mantenere. Lasciare al potere i democratici vuol dire lasciarci i Dixiecrats. Non credo che il buon fratello Lomax vorrà negare ciò. Ogni voto dato a un democratico è un voto dato ai Dixiecrats ed è per questo che ora, nel 1964, è tempo di diventare più maturi politicamente e di capire a che cosa serve la scheda, di capire che cosa abbiamo diritto di ottenere quando esprimiamo il nostro voto in una certa maniera. Se non votiamo, finiremo col trovarci di fronte a una situazione in cui non ci sarà altra alternativa che la lotta armata. La scelta è tra la scheda e il fucile.

Nel Nord fanno la stessa cosa in modo diverso. Si servono di un sistema, noto sotto il nome di gerrymandering [Manipolare un collegio o distretto elettorale, n.d.R.]. Qualunque sia il significato di questa parola, vuol dire che quando in una certa zona i negri si concentrano in misura eccessiva e cominciano a dar segni di potersi assicurare un potere politico troppo grande, l’uomo bianco cambia i confini del distretto elettorale. Ma voi potreste obiettare: «Perché continui a dire l’uomo bianco?» Perché è l’uomo bianco che fa queste cose. Non ho mai visto un nero cambiare i confini di un distretto elettorale: loro non lo lasciano neanche avvicinare. E’ l’uomo bianco che fa tutto ciò ed è sempre lui che vi fa le moine, vi dà grandi manate sulle spalle e si spaccia per vostro amico. Può darsi che tenga un contegno amichevole, ma non è mai vostro amico.

V

In breve, quello che cerco di mettervi in testa è che voi ed io, qui in America, non dobbiamo far fronte a una congiura segregazionista, ma a una congiura organizzata e sostenuta dal governo. Quelli che usano la tecnica dell’ostruzionismo sono dei senatori, e cioè il governo. Tutti quelli che a Washington pescano nel torbido sono dei rappresentanti al Congresso e cioè il governo. Non c’è nessuno che mette ostacoli sul vostro cammino tranne coloro che fanno parte del governo, lo stesso per il quale voi andate a combattere e morire oltremare, lo stesso che fa parte di una congiura volta a privarvi del vostro diritto di voto, di ogni opportunità economica, di abitazioni decorose e di un’istruzione decente. Non dovete prendervela soltanto con i datori di lavoro perché è proprio il governo, il governo degli Stati Uniti, il responsabile dell’oppressione, dello sfruttamento e della degradazione del popolo nero in questo paese. E’ in faccia a tale governo che dovete gettare queste responsabilità. Esso ha ingannato il negro; questa cosiddetta democrazia ha ingannato il negro e lo stesso si può dire che hanno fatto tutti questi liberali bianchi.

A questo punto che cosa ci resta da fare? Prima di tutto abbiamo bisogno di amici, di nuovi alleati. Tutta la lotta per i diritti civili richiede una nuova, più vasta interpretazione. Dobbiamo considerarla da un altro punto di vista, sia dall’interno che dall’esterno. Per quelli di noi che seguono la teoria del nazionalismo nero c’è un solo modo per entrare nella lotta per i diritti civili: dare ad essa una nuova interpretazione perché quella vecchia ci lasciava fuori, ci escludeva del tutto. Perciò noi stiamo dando alla lotta una nuova interpretazione, un’interpretazione che ci metta in condizioni di entrarne a far parte. Quanto a quelle teste vuote che sono passate da un compromesso all’altro, sempre pronte a parlare con la lingua di velluto e a muoversi con circospezione, non intendiamo più permettere che continuino a comportarsi in quel modo.

Ma come si può ringraziare chi vi dà quello che già vi appartiene? Come si può ringraziare chi vi dà solo una parte di ciò che vi spetta? Non abbiamo fatto nessun progresso perché quello che vi viene dato doveva già essere nostro da tempo. Questo non è progresso, e mi piace molto il modo in cui il fratello Lomax ha sottolineato il fatto che ci troviamo allo stesso punto in cui eravamo nel 1954. Dirò di più: non siamo neanche al punto in cui eravamo nel 1954; siamo più indietro perché c’è più segregazione oggi di quanta non ce ne fosse allora. C’è più odio razziale, più animosità oggi nel 1964 di quanta non ce ne fosse dieci anni fa. E allora, dov’è il progresso?

Siamo oggi in una situazione in cui fanno la loro comparsa i negri giovani che non vogliono più sentir parlare delle storielle tipo “porgi l’altra guancia”. A Jacksonville, quelli che tiravano le bottiglie Molotov erano dei ragazzi sotto i vent’anni. I negri non avevano mai fatto una cosa simile prima e ciò mostra che c’è un nuovo modo di affrontare i problemi che si sta facendo strada, un nuovo modo di pensare e una nuova strategia. Questo mese saranno le bottiglie Molotov, il prossimo le bombe a mano e il prossimo ancora qualche altra cosa. Ci saranno o le schede o i fucili, o la libertà o la morte. L’unica differenza, però, tra questa e l’altra morte è che sarà reciproca. Sapete cosa voglio dire con questa parola? L’ho presa dal fratello Lomax che l’ha adoperata prima. Io di solito non mi servo di quei paroloni perché normalmente non ho a che fare con gente importante, ma solo con persone comuni. Credo che si possano mettere insieme tante di queste persone comuni e spazzar via tanti di quei personaggi importanti. Quelli non hanno nulla da perdere e nulla da guadagnare e te lo dicono subito che per ballare il tango bisogna essere in due e quando si muove l’uno anche l’altro è costretto a muoversi.

VI

I nazionalisti neri, coloro che fondano le loro azioni sulla dottrina del nazionalismo nero, nel portare avanti questa nuova interpretazione del significato generale della lotta per i diritti civili, la considerano, come ha sottolineato il fratello Lomax, sinonimo dell’uguaglianza di opportunità. E giusto cercare di assicurarsi diritti civili se essi significano uguaglianza di opportunità perché noi non cerchiamo di fare altro che riscuotere gli interessi dei nostri investimenti. I nostri padri e le nostre madri hanno investito in questo paese il loro sudore e il loro sangue; per trecento anni abbiamo lavorato senza esser pagati, dico senza prendere neanche un soldo di ricompensa. Voi permettete che l’uomo bianco vada dicendo quanto è ricco questo paese, ma non vi fermate mai a pensare come ha fatto a diventare ricco così presto. E’ diventato ricco perché voi lo avete reso tale.

Prendete quelli che sono presenti qui in questa sala. Come individui sono poveri, siamo tutti poveri. Il nostro salario settimanale basta appena per vivere, ma se si mettono insieme i salari di tutti, ce n’è abbastanza per riempire parecchie ceste. E’ una grande ricchezza. Se si potessero mettere insieme i guadagni annuali di tutti quelli che sono qui oggi, si sarebbe ricchi, più ricchi degli stessi ricchi. Quando considerate ciò, pensate come si è arricchito lo Zio Sam con le ricchezze prodotte non da un pugno di neri come quelli che sono qui stasera, ma da milioni e milioni della nostra gente. Vostra madre e vostro padre, mia madre e mio padre, non lavoravano otto ore al giorno, ma da prima che facesse giorno fino a notte, e lavoravano per niente arricchendo l’uomo bianco, arricchendo lo Zio Sam.

Questo è il nostro investimento, il nostro contributo, il nostro sangue perché non soltanto noi abbiamo dato loro gratuitamente la nostra fatica, ma anche il nostro sangue. Tutte le volte che l’uomo bianco chiamava il paese alla guerra, noi siamo stati i primi a indossare l’uniforme e a morire su tutti i campi di battaglia. Il nostro sacrificio è stato più grande di quelli compiuti da chi oggi gode di una posizione di privilegio in America. Il nostro contributo è stato più grande ma in cambio abbiamo ricevuto meno di tutti. Coloro la cui filosofia è il nazionalismo nero hanno questo atteggiamento di fronte ai diritti civili: «Dateceli subito. Non aspettate l’anno prossimo. Dateceli ieri e anche così non è abbastanza presto!».

A questo punto vorrei fermarmi per sottolineare una cosa. Cercate di capire che quando volete ottenere ciò che vi appartiene, chiunque vi privi di tale diritto è un criminale. Quando volete ottenere ciò che è vostro, siete nel pieno diritto di esigerlo e chiunque cerca di privarvene infrange la legge ed è un criminale. Questo principio fu indicato chiaramente nella sentenza della Corte Suprema che dichiarava illegale la segregazione. Ciò vuol dire che si tratta di un comportamento contrario alla legge, che il segregazionista viola la legge e quindi è un criminale. Non c’è altro modo per definirlo e quando voi dimostrate contro la segregazione, siete dalla parte della legge e la Corte Suprema è con voi.

Ora, chi è che si oppone a voi quando volete far applicare la legge? La polizia, con i suoi cani e i suoi manganelli. Quando voi dimostrate contro la segregazione, sia che si tratti delle scuole, delle zone residenziali o di qualsiasi altra cosa, avete la legge dalla vostra parte e coloro che vi si oppongono non la rappresentano più, ma anzi la violano e quindi non sono più suoi rappresentanti.

Ogniqualvolta dimostrate contro la segregazione e qualcuno osa scagliarvi contro un cane poliziotto, ammazzate quel cane, vi dico, ammazzatelo, ammazzate quel cane! Vi ripeto, anche se domani mi mettono in prigione, ammazzate quel cane e così porrete fine a questi metodi. Se i bianchi che sono qui presenti non vogliono assistere ad azioni del genere, è bene che vadano a dire al sindaco che ordini alla polizia di tenere i cani in caserma. Ecco cosa dovete fare; se non lo fate voi, lo farà qualcun altro.

VII

Se non sarete capaci di agire con fermezza, i vostri figli cresceranno «vergognandosi» di voi: se non assumete un atteggiamento deciso. Con ciò non voglio dire che dovete essere violenti, ma al tempo stesso che non dovete mai essere non violenti a meno che non incontriate chi si comporta pacificamente. Io sono non violento con quelli che lo sono con me, ma quando qualcuno usa la violenza nei miei confronti, allora è come se impazzissi e non sono più responsabile delle mie azioni. E’ così che dovrebbero diventare tutti i negri. Quando sapete di non infrangere la legge, di battervi per i vostri diritti legali e morali, secondo giustizia, allora sappiate morire per quello in cui credete. Ma non morite soli, fate che la vostra morte sia reciproca. Questo è quello che s’intende per uguaglianza. Occhio per occhio, dente per dente.

Quando ci si mette a fare questo discorso, occorre procurarsi nuovi amici, nuovi alleati, ed è necessario portare la lotta per i diritti civili a un livello più alto: quello dei diritti umani. Finché si combatte per i diritti civili, che lo sappiate o no, si resta entro i limiti giurisdizionali dello Zio Sam. Nessuno che non viva in questo paese può levare la sua voce in vostra difesa finché lottate per ottenere diritti civili che rientrano negli affari interni degli Stati Uniti. Tutti i nostri fratelli dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina non possono levare la voce e interferire negli affari interni di questo paese. Finché si parla di diritti civili, si resta sotto la giurisdizione dello Zio Sam.

Ma le Nazioni Unite hanno nel loro statuto un documento conosciuto sotto il nome di Carta dei diritti dell’uomo e c’è persino una commissione che si occupa di tali diritti. Vi domanderete come mai siano state portate di fronte alle Nazioni Unite proteste per le atrocità commesse in Africa, in Asia, nell’America Latina e in Ungheria, mentre non si sia mai pensato al problema negro. Anche questo fa parte della congiura. Questo vecchio liberale dagli occhi azzurri, maestro d’inganni, che dovrebbe essere amico vostro e mio, dalla nostra parte, pronto ad aiutare la nostra lotta, che sembrerebbe dover essere il nostro consigliere, non vi parla mai dei diritti umani. Vi lascia impigliare nella rete dei diritti civili e voi che sciupate tanto del vostro tempo ad abbaiare all’albero dei diritti civili, non sapete neanche che lì vicino c’è un altro albero, quello dei diritti umani.

Se si porta la lotta per i diritti civili sul piano dei diritti umani, allora il nero americano può sollevare il suo caso di fronte alle Nazioni Unite, può chiedere giustizia all’Assemblea generale, e trascinare lo Zio Sam al cospetto di un tribunale mondiale. Ma l’unico piano su cui è possibile agire in questo senso è quello dei diritti umani. I diritti civili vi mantengono sotto le restrizioni poste da lui, sotto la sua giurisdizione: restate sempre nella sua tasca. I diritti civili vogliono dire chiedere allo Zio Sam di trattarvi bene. I diritti umani sono qualcosa con cui si nasce, sono i diritti riconosciuti da tutte le nazioni di questo pianeta, e chiunque li violi può esser trascinato davanti a un tribunale internazionale. Le mani dello Zio Sam grondano sangue, grondano del sangue dei neri di questo paese.

Egli è il più grande ipocrita del mondo: ha il coraggio e la sfacciataggine – sí, proprio così – di atteggiarsi a leader del mondo libero. Il mondo libero! E voi qui che cantate «We Shall Overcome ». Allargate la lotta per i diritti civili portandola sul piano dei diritti umani, sollevate il vostro caso alle Nazioni Unite dove i nostri fratelli africani, i nostri fratelli asiatici e i nostri fratelli dell’America Latina possono gettare tutto il peso della loro influenza in nostro favore e dove ottocento milioni di cinesi si stanno preparando per intervenire anch’essi al nostro fianco. Il mondo deve sapere che le mani di questa società grondano sangue. Il mondo deve sapere quanto è grande la sua ipocrisia. La scelta sia dunque tra la scheda e il fucile. L’America sappia dunque che l’unica alternativa è quella fra la scheda e il fucile.

VIII

Se reclamate giustizia a Washington è come se andaste a lamentarvi dal criminale responsabile dei torti che avete subito, è come cadere dalla padella nella brace. Sono tutti in combutta fra loro, si servono della truffa politica e ci fanno apparire davanti agli occhi del mondo come dei deficienti. Voi marciate in tutte le città d’America, vi preparate a indossare l’uniforme e ad essere mandati all’estero come dei soldatini di piombo e quando siete là la gente vi domanda per cosa combattete e a voi non resta che mordervi le labbra e stare zitti. No, trascinate lo Zio Sam davanti al tribunale, davanti al mondo!

Quando dico scheda intendo libertà. Non sapete infatti – e qui sono in disaccordo con Lomax – che la scheda è più importante del dollaro? Mi chiedete se posso provarlo? Sí. Ecco, considerate le Nazioni Unite. All’O.N.U. troviamo paesi poveri che tuttavia, se unissero i loro voti, sarebbero in grado d’impedire alle nazioni ricche di fare qualsiasi mossa. Ogni membro ha un voto, un voto uguale e se questi nostri fratelli dell’Asia, dell’Africa e di altre zone della terra abitate da gente di colore si unissero, l’insieme dei loro voti basterebbe a tenere lo Zio Sam sotto controllo. Oppure anche la Russia, o qualsiasi altra potenza. Come vedete, la scheda è lo strumento più importante.

Ora, qui in questo paese ci sono ventidue milioni di afro-americani, perché voi ed io siamo appunto degli africani che vivono in America, nient’altro che degli africani. Eppure esagerereste chiamandovi africani invece di negri, perché quelli non passano i guai che invece passate voi. Non c’è bisogno di approvare leggi sui diritti civili degli africani perché oggi essi possono andare dove vogliono. Se volete provare anche voi, non avete che da mettervi un turbante, da smetterla di essere negri e da cambiarvi il nome in Hoogagagooba. Allora capirete quanto è stupido l’uomo bianco, capirete che avete a che fare con un cretino. Un mio amico dalla pelle molto scura si mise in testa un turbante ed entrò in un ristorante di Atlanta, nella Georgia, prima che quei locali pubblici fossero stati dichiarati aperti ai negri. Si sedette, fu servito e domandò: «Cosa succederebbe se qui entrasse un negro?» Eppure lui, nero come la pece, stava lì comodamente seduto; ma poiché aveva la testa avvolta dal turbante, la cameriera lo guardò e disse: «Figuratevi se un nigger avrebbe il coraggio di entrare qui dentro!».

Avete a che fare con gente i cui pregiudizi sono talmente radicati da fargli perdere il senno e ogni senso critico. Hanno paura, si guardano intorno e vedono cosa sta succedendo: si accorgono che la ruota della storia si muove nella vostra direzione. I popoli di colore si stanno svegliando, si scuotono di dosso la paura dell’uomo bianco. Dovunque il bianco sta oggi combattendo, non vince più; e dovunque combatte è contro gente che ha il nostro colore della pelle. Sono questi che lo sconfiggono. Non può più vincere; ha vinto la sua ultima battaglia. Non è riuscito a uscir vincitore dalla guerra di Corea. Non poteva. Ha dovuto firmare l’armistizio e questa è una sconfitta perché tutte le volte che lo Zio Sam, con quel suo formidabile apparato bellico, è costretto a ritirarsi di fronte a dei mangiatori di riso, ha perduto la battaglia.

E’ stato costretto a firmare l’armistizio. Nessuno si aspetterebbe che l’America firmasse armistizi. Da essa ci si aspetta che svolga il suo ruolo di cattiva, ma ormai non lo è più. Lo è solo finché può fare ricorso alla guerra nucleare, ma ciò non le è possibile per timore che la Russia faccia altrettanto. Lo stesso si può dire della Russia e perciò tutte e due queste superpotenze sono inermi. Non possono adoprare l’arma nucleare perché le bombe dell’uno sarebbero bilanciate dagli effetti delle bombe dell’altro. Perciò l’unico settore in cui possono svolgersi le guerre è quello terrestre e l’uomo bianco non può più vincere in un tal genere di combattimento. Quell’epoca è ormai passata e i negri, i gialli e tutti gli altri uomini di colore lo sanno. E’ per questo che essi lo impegnano con la guerriglia, che non è il suo metodo. Ci vuole un gran coraggio per combattere la guerriglia e il bianco di coraggio non ne ha, ve lo dico io.

IX

Voglio dirvi qualcosa sulla guerriglia perché chissà, prima che ve ne rendiate conto… Ci vuol coraggio per questo tipo di lotta, perché ognuno deve sapersela cavare da sé. Nella guerra convenzionale vengono impiegati i carri armati e una gran massa di soldati che si muovono tutti insieme protetti dall’aviazione e cose del genere. Ma il guerrigliero è solo, deve cavarsela da sé. Ha il suo fucile, le scarpe e una tazza di riso. E’ tutto quello di cui ha bisogno, oltre a un grande coraggio. Su certe isole del Pacifico, quando vi sbarcarono le truppe americane, si dette il caso di un giapponese che seppe tenere a bada da solo parecchi reparti. Aspettava che il sole tramontasse e dopo il tramonto erano tutti uguali. Con il suo pugnale scivolava silenziosamente da un cespuglio all’altro, da un americano all’altro. I soldati bianchi non erano in grado di fronteggiare un’azione del genere. Quando se ne vede uno che ha combattuto nel Pacifico, state sicuri che ha i brividi, è ancora terribilmente nervoso perché, a suo tempo, gli asiatici seppero terrorizzarlo mortalmente.

La stessa cosa accadde ai francesi in Indocina. Gente che fino a pochi anni prima non aveva fatto altro che coltivare il riso si unì e cacciò dal proprio paese l’esercito meccanizzato della Francia. Non c’è bisogno di quei mezzi: la tecnica della guerra moderna non funziona. Questa è l’epoca della guerriglia. La stessa cosa accadde in Algeria. Gli algerini, che non erano nient’altro che dei beduini, si armarono e si dettero alla macchia. De Gaulle e tutta la sua rumorosa macchina di guerra non riuscirono a sconfiggerli. In nessuna parte del mondo l’uomo bianco è in grado di vincere la guerriglia. E’ un ritmo di lotta che non gli si addice. Nella misura in cui la guerriglia prevale oggi in Asia e in alcune zone dell’Africa e dell’America Latina, bisogna proprio essere ingenui o sottovalutare al massimo i neri per credere che, qualche giorno, non si sveglieranno anche loro e scopriranno che l’alternativa è tra la scheda e il fucile.

Per finire, vorrei dire qualcosa riguardo alla Muslim Mosque Inc. che abbiamo da poco fondato a New York. E’ vero che siamo musulmani e che la nostra religione è l’Islam, ma è anche vero che non la mescoliamo più con la politica, con i problemi economici e con le nostre attività sociali e civili. Ci occupiamo di religione solo nella moschea e dopo che le funzioni sono finite, ci impegnamo in quanto musulmani nell’azione politica, economica e sociale. Ci impegnamo con chiunque, dovunque, in qualsiasi momento e in qualsiasi modo a sostegno di ogni azione che tenda a eliminare i mali politici, economici e sociali che affliggono i membri della nostra comunità.

La filosofia politica del nazionalismo nero significa che i neri dovrebbero controllare la vita politica e gli uomini politici della propria comunità; niente di più. I nostri fratelli neri devono essere rieducati affinché sappiano quali vantaggi trarre dalla lotta politica. Non sciupate neppure una scheda perché ogni scheda è come una pallottola. Non gettate la scheda finché non vedete il bersaglio, e finché tale bersaglio non è a portata di mano tenete la scheda ben custodita in tasca. La filosofia politica del nazionalismo nero viene insegnata nelle chiese cristiane, nelle riunioni della NAACP, del CORE, dello SNCC [Student Nonviolent Coordinating Committee], nei raduni musulmani; viene insegnata là dove si trovano insieme solo atei ed agnostici, dovunque. I neri sono stanchi dei temporeggiamenti, dei riguardi continui usati verso i bianchi, dei compromessi di cui ci serviamo per ottenere la nostra libertà. Vogliamo la libertà ora, ma non l’avremo mai se continueremo a cantare «We Shall Overcome». Dobbiamo combattere fino alla vittoria.

La filosofia economica del nazionalismo nero è molto semplice: dovremmo controllare i meccanismi economici delle nostre comunità. Perché, infatti, i proprietari di tutti i negozi dei quartieri in cui abitiamo noi devono essere bianchi? Perché le banche delle nostre comunità devono essere tutte in mano a loro? Perché l’intera economia deve essere controllata dai bianchi? Perché? Se a un nero non è permesso di aprire un negozio in una zona bianca, allora spiegatemi perché a un bianco è consentito di esercitare qualunque specie di commercio in una comunità nera.

X

La filosofia del nazionalismo nero comprende anche un programma di educazione economica destinato alle nostre comunità. Si deve far sí che la nostra gente comprenda che tutte le volte che si tira fuori un dollaro dalla nostra comunità e si spende altrove, noi diventiamo sempre più poveri e le zone in cui spendiamo i nostri soldi sempre più ricche. E poi vien fatto di meravigliarsi perché i quartieri in cui viviamo sono sempre dei ghetti, dei bassifondi. Quando si tratta di noi, di me e di voi, non soltanto perdiamo il denaro che si spende fuori dalla nostra comunità, ma tutti i negozi dei quartieri in cui viviamo sono in mano ai bianchi. Perciò tutto il denaro che spendiamo nei nostri quartieri viene portato via al tramonto dai padroni bianchi dei negozi, portato in altre zone della città. Siamo in una vera e propria trappola.

Dunque, la filosofia economica del nazionalismo nero vuol dire, nelle chiese, nelle organizzazioni civiche e in tutte le associazioni di mutua assistenza, che è arrivato il momento di rendersi conto dell’importanza di controllare l’economia della nostra comunità. Se i negozi sono nostri, se siamo noi a controllare il commercio, se cerchiamo di costituire certe attività industriali, ci metteremo in condizione di creare posti di lavoro per i nostri fratelli. Una volta che si raggiunga il controllo dell’economia delle nostre comunità, non c’è più bisogno di organizzare picchetti, boicottare o pregare qualche mascalzone giù in città perché ci dia da lavorare.

La filosofia sociale del nazionalismo nero vuol dire soltanto che dobbiamo unirci e liberarci dei nostri mali collettivi, come l’alcolismo, l’uso degli stupefacenti e gli altri vizi che distruggono il tessuto morale delle nostre comunità. Dobbiamo migliorare il livello del nostro comportamento collettivo, render bella la nostra società in modo da essere soddisfatti della vita sociale che siamo capaci di stabilire fra noi senza bisogno di andare in giro là dove non ci vogliono.

La diffusione del messaggio del nazionalismo nero non ha come obiettivo di far sí che noi rivalutiamo i bianchi. Li conosciamo fin troppo bene. Il fine del nazionalismo nero è invece di far sí che noi rivalutiamo noi stessi. Non si può cambiare il modo di pensare dei bianchi ed è inutile appellarsi alla coscienza morale dell’America, che è completamente corrotta. L’ha perduta tanto tempo fa: lo Zio Sam non ha coscienza. I bianchi di questo paese non sanno cosa siano i principi morali. Essi non cercano di eliminare un male in quanto tale o in quanto contrario alla legge, ma soltanto quando rappresenta una minaccia per la loro esistenza. Perciò perdete il vostro tempo quando fate appello alla coscienza morale di un uomo corrotto come lo Zio Sam. Se avesse una coscienza, risolverebbe da sé questo problema senza bisogno di nessuna pressione esterna. Perciò non è necessario cambiare il modo di pensare dell’uomo bianco. E’ il nostro modo di pensare che dobbiamo cambiare. Non possiamo cambiare il suo atteggiamento nei nostri confronti. Dobbiamo riuscire a considerarci l’uno con l’altro in modo del tutto diverso, vederci con nuovi occhi, arrivare a considerarci fratelli e sorelle. Dobbiamo unirci con entusiasmo, armoniosamente, per poter risolvere da noi il nostro problema. Ma come possiamo far questo? Come potremo evitare l’invidia e le gelosie, i sospetti e le divisioni esistenti nella comunità? Ve lo dirò io come.

Ho osservato con attenzione come fa Billy Graham quando arriva in una città a predicare quello che lui chiama il verbo di Cristo e che poi non è altro che nazionalismo bianco. Proprio così: Billy Graham è un nazionalista bianco e io sono un nazionalista nero. Ma siccome è naturale che i leader siano invidiosi e guardino a un personaggio potente come Graham con sospetto e gelosia, come fa lui a venire in città e ad assicurarsi la cooperazione di tutti gli altri leader religiosi? Non crediate che perché sono dei leader religiosi non siano soggetti a tutte quelle debolezze che li rendono invidiosi. No, tutti hanno quelle debolezze e non è certo un caso che quando laggiù a Roma i cardinali vogliono fare un papa si rinchiudono ermeticamente in una sala in modo che la gente non senta che litigano, si accapigliano e si azzuffano.

XI

Billy Graham viene a predicare il verbo di Cristo, a evangelizzare e a entusiasmare il prossimo, ma non fa mai nessun tentativo di fondare qualche nuova chiesa. Se lo facesse, tutte le confessioni religiose sarebbero contro di lui. Invece viene a parlare di Cristo e dice a tutti che Cristo può trovarsi in qualsiasi chiesa. In tal modo tutti gli ecclesiastici collaborano con lui. Anche noi terremo presente questo suo metodo.

Il nostro verbo è il nazionalismo nero. Noi non minacciamo l’esistenza di nessun’altra organizzazione, ma cerchiamo solo di diffondere il messaggio del nazionalismo nero. Dovunque si predica e si mette in pratica tale messaggio, anche se si tratta di una delle chiese cristiane, diventatene membri! Se la NAACP predica e mette in pratica il messaggio del nazionalismo nero, iscrivetevi alla NAACP. Lo stesso dicasi per il CORE e per qualsiasi altra organizzazione che faccia suo il messaggio capace di sollevare il popolo nero. Quando invece vi accorgete di esser di fronte a chi vive di compromessi ed è pieno di riguardi per i bianchi, andatevene perché quella organizzazione non ha nulla a che fare con il nazionalismo nero. Ne troveremo un’altra.

Così il numero delle organizzazioni crescerà, anche qualitativamente, e in agosto è nostra intenzione convocare un congresso dei nazionalisti neri a cui parteciperanno delegati provenienti da tutto il paese, tutti coloro a cui interessa la filosofia politica, economica e sociale del nazionalismo nero. Quando saranno arrivati tutti i delegati, terremo un seminario, faremo delle discussioni, ascolteremo tutti. Vogliamo sentire nuove idee, nuove soluzioni, nuove risposte e se allora le condizioni ci parranno propizie fonderemo un partito nazionalista nero. Se poi è necessario, formeremo anche un esercito nazionalista nero. L’alternativa sarà fra la scheda e il fucile, fra la libertà e la morte.

E’ venuto il momento che io e voi la smettiamo di star qui passivi a guardare dei senatori imbroglioni sia del Nord che del Sud che, standosene seduti là a Washington, decidono di concederci i diritti civili. Non permetto a nessun bianco di dirmi quali sono i miei diritti! Fratelli e sorelle, ricordatevi sempre che se non c’è bisogno di senatori, rappresentanti al Congresso e proclami presidenziali per assicurare la libertà ai bianchi, non è neanche necessario promulgare nuove leggi, proclami o sentenze della Corte Suprema per assicurare la libertà ai neri. Dite con chiarezza all’uomo bianco che se questo è un paese libero, bene, che sia un paese libero; e se non lo è, trasformatelo!

Collaboreremo con chiunque, in qualsiasi luogo e tempo, purché sia disposto ad affrontare di petto il problema, con metodi non violenti se il nemico sarà non violento, ma con la violenza se sarà necessario rispondere alla violenza. Collaboreremo con voi nella campagna per l’iscrizione dei nostri fratelli nelle liste elettorali, negli scioperi contro gli affitti, nel boicottaggio delle scuole. Io non credo in nessuna specie di integrazione e non me ne preoccupo neppure perché so che non l’avrete mai. Non l’avrete perché avete paura di morire; bisogna esser pronti a morire se si vuole imporre qualcosa all’uomo bianco, perché questi diventerà violento, qui a Cleveland, proprio come quei mascalzoni giù nel Mississippi.

XII

Tuttavia collaboreremo con voi nel boicottaggio delle scuole perché siamo contrari alla segregazione scolastica: essa produce infatti giovani diplomati, che però hanno la mente paralizzata. Ciò non vuol dire che una scuola frequentata solo da neri sia un esempio di segregazione razziale. Per scuola segregata intendo una istituzione controllata da chi non ha alcun interesse a migliorarla.

Lasciate che vi spieghi cosa intendo dire. Per distretto o comunità segregata intendo una zona controllata, economicamente e politicamente, da elementi estranei a essa. Non si dice mai che una zona bianca è una comunità segregata. Solo quelle negre lo sono. Perché? L’uomo bianco controlla le sue scuole, le sue banche, la sua economia, la sua vita politica, la sua comunità, tutto quello che gli appartiene, ma controlla anche tutto quello che è vostro. Si è segregati quando si è soggetti al potere altrui e loro vi daranno sempre le cose peggiori e di minor valore, ma ciò non vuol dire che siete segregati solo perché vivete per conto vostro. E necessario che controlliate ciò che vi appartiene. Anche voi dovete esercitare il controllo su quello che è vostro, proprio come fa l’uomo bianco.

Sapete qual è il sistema migliore per liberarsi della segregazione? L’uomo bianco ha più paura della separazione che dell’integrazione. La segregazione vuol dire che vi tiene a distanza, ma non tanto lontano da esser fuori della sua giurisdizione, mentre invece se siete separati non avete più niente a che fare con lui. L’uomo bianco è disposto a integrarvi più di quanto non sia disposto a consentirvi di separarvi da lui e perciò noi collaboreremo con voi nella lotta contro la segregazione scolastica perché è criminale, perché è assolutamente distruttiva e inconcepibile per i bambini che sono soggetti a un sistema educativo così paralizzante.

Ultimo argomento, ma non meno importante, è quello che riguarda la controversia sulle armi. L’unica cosa che ho sempre detto in proposito è che nelle zone in cui il governo si è rivelato incapace o per niente disposto a difendere la vita e la proprietà dei negri, è tempo che questi si difendano da sé. Il secondo emendamento alla Costituzione garantisce a tutti il diritto di possedere armi. E’ dunque costituzionalmente legale tenere in casa un fucile. Ciò non significa che ci si debba armare, formare dei battaglioni e andare alla caccia dei bianchi, sebbene così facendo si sarebbe nel nostro diritto, voglio dire saremmo giustificati. Tuttavia una cosa del genere sarebbe illegale e noi non intendiamo far nulla contro la legge. Se l’uomo bianco non vuole che i neri si procurino armi da fuoco, ebbene il governo faccia il suo dovere. Questo è tutto. Impedite all’uomo bianco che vi venga a domandare cosa pensate di quel che dice Malcolm. Vi considera come il vecchio zio Tom: non vi farebbe mai queste domande se non fosse sicuro che voi rispondete “amen”. No, vi fa diventare uno zio Tom.

Ciò dunque non vuol dire creare club di tiratori scelti e poi andare in giro a caccia di bianchi; ma ora, nel 1964, è tempo, se siete degli uomini, di farsi rispettare dall’uomo bianco. Se non fa il suo dovere garantendoci attraverso il governo la protezione cui abbiamo diritto per le tasse che paghiamo, visto che spende tutti quei miliardi per le spese militari, allora non può aversene a male se voi o io spendiamo dodici o quindici dollari per un caricatore o due. Spero che mi capiate. Non andate a sparare alla gente, fratelli e sorelle; ma in qualsiasi momento, e specialmente gli uomini qui presenti, alcuni dei quali hanno decorazioni militari, spalle larghe e muscolature da atleta, in qualsiasi momento, quando leggiamo che i bianchi tirano bombe su una chiesa assassinando a sangue freddo non degli adulti ma quattro bambine che stavano pregando lo stesso Dio che i bianchi avevano loro insegnato, e quando vediamo che il governo manda i suoi funzionari senza riuscire a scoprire i responsabili, allora è il momento di agire.

Perché questo stesso bianco riesce a scoprire il nascondiglio di Eichmann, laggiù in qualche zona sperduta dell’Argentina, e se due o tre soldati americani che sono lì da intrusi nel Vietnam del Sud vengono uccisi, quello stesso uomo bianco manda la flotta e interferisce negli affari di quello stato. Questo vecchio mascalzone che non riesce a tenere elezioni libere neanche nel suo paese voleva mandare le truppe a Cuba per imporre a quel popolo quelle che lui chiama elezioni libere. No, se non mi vedrete più, se io dovessi morire domattina, sappiate che sono morto dicendo questo: la scheda o il fucile, la scheda o il fucile.

Se nel 1964 i negri fossero disposti a stare ad aspettare che un mascalzone di senatore faccia tutti i suoi comodi con l’ostruzionismo parlamentare quando sono in gioco i diritti del popolo nero, ebbene allora tutti noi faremmo meglio ad impiccarci per la vergogna. Parlate della marcia su Washington del 1963. Ebbene io vi dico che non avete visto nulla. Si stanno preparando cose molto più grandiose nel 1964 e questa volta non sarà come l’anno scorso. I negri non andranno a cantare «We Shall Overcome», non andranno insieme con i loro amici bianchi, con cartelli già preparati in anticipo e con biglietti di andata e ritorno. Chi andrà, avrà solo il biglietto di andata.

Se i bianchi non vogliono che questo esercito non violento cali su di loro, ebbene, smettano di fare l’ostruzionismo. I nazionalisti neri non son disposti ad aspettare. Lyndon B. Johnson è il capo del partito democratico. Se è per i diritti civili, vada in Senato la prossima settimana e lo dichiari formalmente. Che ci vada e parli chiaro! Che ci vada e denunzi il gruppo sudista del suo partito! Che ci vada ora e prenda una posizione precisa, subito, senza aspettare più! Ditegli di non aspettare fino al momento delle elezioni perché se ritarda troppo, fratelli e sorelle, sarà lui responsabile di aver determinato questo clima: un clima che farà germogliare i semi destinati a diventare una vegetazione così lussureggiante da superare anche l’immaginazione di questa gente. Nel 1964 l’alternativa è tra la scheda e il fucile. Grazie.

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