Cosa diceva la lettera scritta da Galileo che gli costò l'accusa di eresia
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Cosa diceva la lettera scritta da Galileo che gli costò l'accusa di eresia

In sette pagine scritte il 21 dicembre 1613 lo scienziato esponeva a un amico la sua teoria sul movimento della Terra intorno al Sole, opposta alla tesi della Chiesa

Cosa diceva la lettera scritta da Galileo che gli costò l'accusa di eresia
Galileo Galilei
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22 Giugno 2023 - 09.23


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 È stata trovata tempo addietro la lettera che costò a Galileo Galilei l’accusa di eresia. Il documento è stato scoperto il 2 agosto scorso del 2018 a Londra, in una biblioteca della Royal Society, dallo storico della scienza italiano Salvatore Ricciardo, dell’Università di Bergamo, che l’ha studiata con Franco Giudice, della sua stessa università, e con Michele Camerota, dell’Università di Cagliari.


In sette pagine scritte il 21 dicembre 1613 Galileo, che si firma con le sue iniziali G. G., esponeva a un amico la sua teoria sul movimento della Terra intorno al Sole, opposta alla tesi della Chiesa secondo la quale la Terra era immobile.


«Non potevo credere di avere scoperto la lettera che tutti gli studiosi di Galileo credevano irrimediabilmente perduta», aveva detto Ricciardo. «È ancora più incredibile – ha aggiunto – perché la lettera non era custodita in un’oscura biblioteca, ma nella biblioteca della Royal Society».


È stato lo stesso Ricciardo, con i colleghi Giudice e Camerota, ad analizzare la lettera e a descriverla in un pubblicato sulla rivista Notes and Records, della Royal Society.

Lo storico della scienza Allan Chapman, dell’Università di Oxford e presidente della Royal Society per la storia e l’astronomia, lascia spazio all’entusiasmo: «È così importante – ha detto a Nature – che permetterà nuovi approfondimenti in questo periodo critico».


Della lettera, indirizzata all’amico Benedetto Castelli, matematico e fisico oltre che monaco benedettino, esistono diverse copie e due versioni diverse. Di queste ultime, una è custodita negli Archivi Vaticani ed è quella che il 7 febbraio 1615 venne inviata all’Inquisizione, indirizzata al domenicano Niccolò Lorini.


Poiché la versione originale della lettera si credeva perduta, è rimasta aperta la questione se i toni usati da Galileo fossero effettivamente duri come l’Inquisizione sosteneva. Con il ritrovamento dell’originale si è avuta una risponsta a questa domanda aperta da secoli.

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