Sacrifici umani: così gli Inca uccidevano i bambini

Uno studio dell'Università di Bradford rivela che le vittime prescelte venivano intontite con coca e alcol somministrati per mesi.

Sacrifici umani: così gli Inca uccidevano i bambini
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30 Luglio 2013 - 10.48


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Gli Inca preparavano i bambini che sceglievano per i loro sacrifici somministrando loro, per molti mesi, alcol e foglie di coca. Lo ha scoperto la ricerca internazionale pubblicata sulla rivista dell’Accademia delle Scienze americana, Pnas, coordinata da Andrew Wilson, del dipartimento di Scienze Archeologiche dell’università britannica di Bradford. Dopo aver esaminato le tre mummie di bambini risalenti a più di 500 anni fa, che furono scoperte nelle Ande argentine, gli esperti sono giunti alla conclusione che il consumo di entrambe le sostanze era parte del rituale del sacrificio.

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Questa pratica aveva un significato spirituale ma anche pratico: rendere le vittime più docili. Nonostante già si sapesse che alcol e cocaina fossero fondamentali nei sacrifici umani degli Inca, le sostanze scoperte nei capelli hanno consentito di scoprire nuovi dettagli su come si preparassero questi rituali.

Un anno prima di essere uccisa l’alimentazione della “Donzella” (così è stata chiamata la mummia di una bambina di 13 anni) era cambiata drasticamente. Nel momento stesso in cui era stata scelta per il sacrificio cominciò ad essere alimentata molto meglio. L’alcol che consumavano si chiamama Chicha, una bevanda derivata dalla fermentazione del mais. Le foglie di coca producevano un effetto calmante, quando veniva masticata insieme con la cenere.

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Gli Incas credevano che lo stato di ebrezza permettesse l’accesso al mondo degli spiriti. I sacrifici umani nell’impero Inca sono conosciuti con il nome di “copacocha”. I bambini scelti, di solito, percorrevano lunghe distanze e partecipavano alle cerimonie nella capitale inca Cuzko, prima di dirigersi sulla sommità del vulcano, a 100 chilometri di distanza, dove venivano uccisi.

I corpi dei tre ragazzi, sepolti separatamente, erano stati scoperti in perfetto stato di conservazione nel 1999 presso la cima del vulcano Llullaillaco, sulle vette delle Ande argentine.

Solo recentemente però le mummie sono state analizzate in maniera approfondita e l’analisi dei capelli della ragazza tredicenne e del bambino di 5 anni ha permesso di ricostruire i loro ultimi mesi di vita.

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