In Tunisia aleggia il fantasma nero della Blackwater e dei suoi contractors
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In Tunisia aleggia il fantasma nero della Blackwater e dei suoi contractors

La versione 2.0 della società di sicurezza vuole insediarsi nel Paese, ingaggiando giovani usciti dalle unità d'elite di Esercito e Polizia

Contractors della Blackwater
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Diego Minuti Modifica articolo

11 Febbraio 2018 - 12.02


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Tra le tante regole non scritte del giornalismo c’è quella che fare una smentita equivale a dare due volte la stessa notizia. E di questo dovrebbero essere a conoscenza coloro che fanno politica. Ed è per questo che induce a qualche riflessione la dichiarazione del Ministro dell’Interno tunisino, Lotfi Brahem, che ha smentito che nel Paese sia presente o svolga qualche attività non ufficiale la società di sicurezza privata che oggi si chiama Academi, ma che sino a qualche empo fa era conosciuta come Blackwater.
Brahem ha detto che tutte le società di sicurezza sono censite (e non riuslta che la Academi sia presente), nè risulta la presenza di ”esperti stranieri’ nè, tantomeno, di arruolamenti di aspiranti contractors.
Breve ripasso per chi non ricorda bene cosa sia stata la Blackwater all’epoca in cui l’Iraq era una polveriera ben peggiore di quello che è oggi e quindi gli Stati Uniti si trovavano di fronte ad un compito improbo: procedere sul terreno militare e governare la sicurezza interna. Per questo la Blackwater foniva i suoi servizi, non certi a prezzi stracciati, che si possono riduttivamente definire come ”sicurezza chiavi in mano”. Personale qualificatissimo (uomini e donne specializzati in ogni forma di combattimento, provenienti dai vari corpi d’elite di tutto il mondo), pronti a tutto e che spesso non sapevano che farsene di leggi e leggine.
Il primo a parlare della presenza della Academi in Tunisia – lanciando un allarme sulla tenuta della democrazia – è stato il quotidiano in lingua araba Al-Shaab, il 16 novembre scorso, secondo il quale molti giovani addestrati nelle unità speciali dell’Esercito (ma anche della polizia) si erano dimessi per farsi assumere dalla società americana.
Cosa assolutamente normale ed anche economicamente giustificata, ma che qualche piccola preccupazione l’ha creata. Ma perché la Tunisia come terreno di arruolamento? Perché le forze armate e di sicurezza della Tunisia, paradossalmente, pur avendo la nomea di poca efficienza nel loro insieme, possono vantare delle nicchie di eccellenza in termini di preparazione ed addestramento (come stanno dimostrando i recenti e ripetuti successi contro i gruppi jihadisti) . Altro aspetto da tenere bene in mente, se si cerca di capire, è che l’ex ditattore Ben Ali aveva a cuore – per ovvi motivi personali – il settore della sicurezza in cui finivano tantissimi giovani che, venendo da famiglie disagiate o addirittura orfani, venivano cresciuti dallo Stato a pane,durezza, ferocia e disciplina.
E quale sia il possibile incrocio con l’ex Blackwater è tutto da decifrare. Certo è che chi vi si arruola sa benissimo un paio di cose. Come ad esempio che, sugli scenari in cui intervengono, i suoi uomini possono intervenire nei modi descritti da Jeremy Scahill nel suo libro ”Blackwater: The Rise of the World’s Most Powerful Mercenary Army”, (L’ascesa del più potente esercito mercenario del mondo). Cioè: ”senza rendere conto né ai cittadini nè alle leggi”.
L’articolo di Al-Shaab indica anche le caratteristiche che l’Academi cerca nei suoi ipotetici contractor: ””I requisiti di ammissione sono molto rigidi, la scelta è per chi ha meno di 30 anni, beneficiando così delle migliori capacità fisiche. Gli agenti devono anche essere single e senza figli a carico” . E addirittura il quotidiano aggiunge che il loro compenso ”è pagato in modo irregolare, per non destare sospetti nelle autorità tunisine”.
L’Academi, in Tunisia, avrebbe trovato la base ideale per operazioni ‘nere’ nei Paesi del Nord Africa, con paricolare attenzione verso il calderone ribollente di anarchia e violenze che è la Libia. Quindi, a bene intendere il profilo della sempre presunta operazione di insediamento e radicamente in Tunisia, i nuovi ‘mercenari del ventunesimo secolo” opererebbero sul campo militare e non con ruoli di intelligence. Quindi ‘carne da macello’ e non fini elaboratori di sospetti e strategie.
C’è solo un motivo di riflessione che emerge in alcuni ambienti tunisini: questa sempre ipotetica presenza di una centrale di arruolamento di contractors in Tunisia coinciderebbe con il moltiplicarsi, nelle ultime settimane, di voci sempre più ricorrenti di possibili attentati ai danni di esponenti politici. Potrebbe essere una coincidenza oppure il frutto di un’opera di sottile intossicazione. Basta sapere aspettare.

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