Russia-Ucraina, la guerra dimenticata conta 4 giornalisti uccisi in 6 mesi
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Russia-Ucraina, la guerra dimenticata conta 4 giornalisti uccisi in 6 mesi

Una lunga catena di giornalisti uccisi, e sullo sfondo una guerra che continua a combattersi nel silenzio del mondo. [Maria Magarik]

Carri armati nel conflitto tra Russia e Ucraina
Carri armati nel conflitto tra Russia e Ucraina
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Maria Magarik Modifica articolo

1 Settembre 2016 - 19.24


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di Maria Magarik

Una lunga catena di giornalisti uccisi, e sullo sfondo una guerra che continua a combattersi nel silenzio del mondo. Alexandr Shetinin è il quarto giornalista ucciso in Ucraina negli ultimi sei mesi. Fondatore dell’Agenzia d’informazione  “Novyi  Region è stato trovato  a casa, a Kiev, con un proiettile conficcato in testa..Le autorità promettono di fare luce sull’inquietante omicidio e punire i colpevoli. Il tema dei reporter uccisi, sia in Russia che in Ucraina, non è nuovo, la catena dei delitti è lunga. A inaugurare la tragica processione di lutti nel territorio post-sovietico è stata la collega Anna Politkovskaja, pianta in ogni angolo del pianeta, tranne che in Patria. Poi, tanti altri magari meno famosi, ma non per questo meno determinati nel perseguire la verità.  La guerra in Ucraina, che ha tragicamente diviso due popoli, ha aggiunto nuove vittime nell’elenco dei caduti. Uno dei primi, Andrej Mironov  Ricordo, con commozione, una lunga passeggiata per le strade di Roma con quel coraggioso difensore dei diritti umani. Parlavamo di Grozny,  di un gruppo di ragazzini ceceni che sognava di  andare a incontrare il presidente Putin per consegnarli un disegno di pace…

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Divenne un servizio televisivo, lo realizzai per il TG3. Andrej rimase ucciso nel conflitto ucraino due anni fa mentre lavorava insieme al fotografo italiano Andy Rocchelli.  Una guerra dimenticata quella in Ucraina, dimenticata dall’Occidente. Guerra che continua a mietere vittime tra giornalisti, fotografi e reporter.  L’ultima vittima, Alexandr  Shetinin, non era una persona facile. Un carattere burrascoso come i tempi che aveva vissuto.  Da giovane un anti-sovietico convinto, divenuto nazionalista convinto, russo, per poi cambiare idea è schierasi con le idee di Maidan.  Shetinin era un editore, la sua “Novyi Region” piaceva per le idee, per il modo nuovo di raccontare l’immenso  spazio post-sovietico..Voleva “pezzi” freschi, vicende, racconti inediti. La sua agenzia è stata una delle prime testate on- line lette in Ucraina.  Nell’ultima fase Shetinin critcava sempre di più la politica russa in Ucraina. In cuor suo, attribuiva le difficoltà economiche di” Novyi  Region” e il conflitto redazionale con le sedi russe dell’agenzia al difficile rapporto con Mosca. Gli investigatori ucraini promettono di andare fino in fondo in questo caso come in quello di Pavel  Sheremet , giornalista saltato in aria, a luglio, sempre nella capitale ucraina,  mentre saliva sull’auto appartenente all’editore di “Ukrajinska Pravda “, che qualcuno aveva imbottito di tritolo. Pavel,  noto reporter investigativo, nato in Bielorussia, aveva subìto ogni tipo di pressione  per la sua lotta contro l’autoritarsmo del presidente Lukashenko. Sheremet  ha ricevuto diversi premi per il suo lavoro, tra cui, nel 1998, l’International Press Freedom Awards, primo premio per il giornalismo internazionale. Riconoscimento che Pavel non ha potuto ricevere di persona, vista la restrizione sui viaggi che il governo bielorusso gli aveva imposto. Pavel aveva tentato di lavorare anche per la tv russa, a Mosca, ma dovette dimettersi perché non condivideva la linea editoriale sul conflitto in Ucraina.

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Oles’ Buzina, poi. Lui sulla guerra la pensava diversamente. Era filo-russo, fortemente convinto che Mosca e Kiev debbano ricucire i rapporti storici, ricominciare a parlarsi nonostante le scelte europeiste fatte dall’Ucraina.  Buzina e’ stato ammazzato sotto il portone di casa, ad aprile. Un giorno prima , sempre nella capitale ucraina, un commando aveva ammazzato Sergej Sukhobok, titolare di un sito internet e di un piccolo giornale che contrasta la politica del governo e sostiene le ragioni della gente del Donbass ribelle.

Storie diverse, posizioni differenti con un denominatore comune: la voglia di raccontare la verità, di rischiare la vita per fare il nostro lavoro, quello scomodo di giornalista. La guerra “ibrida” si continua a combattere, a pagare un prezzo altissimo, i giornalisti. In un sostanziale silenzio. Un silenzio assordante.

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