Pippo Fava, 40 anni fa l'uccisione del giornalista siciliano: la voce del coraggio che è sempre libertà
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Pippo Fava, 40 anni fa l'uccisione del giornalista siciliano: la voce del coraggio che è sempre libertà

Pippo Fava fu ucciso dalla mafia il 5 gennaio del 1984, 40 anni fa spariva una delle voci siciliane più dure e scomode. Riportiamo uno dei suoi articoli più ispirati su Coraggio e Libertà.

Pippo Fava, 40 anni fa l'uccisione del giornalista siciliano: la voce del coraggio che è sempre libertà
Pippo Fava
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4 Gennaio 2024 - 22.40


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Pippo Fava fu giornalista, scrittore, drammaturgo, pittore. Direttore del Giornale del Sud e dei Siciliani venne ucciso il 5 gennaio del 1984 a Catania dalla mafia. Per quel delitto sono stati condannati alcuni membri del clan dei Santapaola.

Passata alla storia la sua intervista a Enzo Biagi per la tv svizzera una settimana prima di essere ammazzato in cui disse: “Perché esiste la mafia? Tutto parte dall’assenza dello Stato, dal fallimento della società politica italiana, è da lì che bisogna cominciare. E’ necessario creare in Italia una seconda Repubblica che abbia delle leggi e una struttura di democrazia che eliminano il pericolo che il politico possa diventare succube o di se stesso, della sua avidità, o della ferocia degli altri o della paura, che possa essere soltanto un professionista della politica. Ripeto tutto nasce dalla politica e dagli uomini politici, dal fallimento della struttura politica e forse della nostra democrazia così come noi, in buona fede, l’abbiamo appassionatamente costruita e che si sta sgretolando nelle nostre mani. Dovremmo ricominciare da lì”.

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Non ebbe tempo Fava. L’11 ottobre del 1981, prima di essere licenziato, Pippo Fava scrisse il suo ultimo articolo sull’etica del giornalismo pubblicato dal Giornale del Sud, il quotidiano che diresse con  passione in compagnia di un gruppo di ‘carusi’ con la schiena dritta. Articolo che come molti altri testi fondamentali sono conservati nel sito della Fondazione Giuseppe Fava (www. fondazionefava.it)

Giuseppe Fava – Giornale del Sud – 11 ottobre 1981

Io ho un concetto etico del giornalismo. Ritengo infatti che in una società democratica e libera quale dovrebbe essere quella italiana, il giornalismo rappresenti la forza essenziale della società. Un giornalismo fatto di verità impedisce molte corruzioni, frena la violenza la criminalità, accelera le opere pubbliche indispensabili, pretende il funzionamento dei servizi sociali, tiene continuamente all’erta le forze dell’ordine, sollecita la costante attenzione della giustizia, impone ai politici il buon governo”.

Se un giornale non è capace di questo, si fa carico anche di vite umane. Persone uccise in sparatorie che si sarebbero potute evitare se la pubblica verità avesse ricacciato indietro i criminali. Ragazzi stroncati da overdose di droga che non sarebbe mai arrivata nelle loro mani se la pubblica verità avesse denunciato l’infame mercato, ammalati che non sarebbero periti se la pubblica verità avesse reso più tempestivo il loro ricovero.
Un giornalista incapace – per vigliaccheria o calcolo – della verità si porta sulla coscienza tutti i dolori umani che avrebbe potuto evitare, e le sofferenze, le sopraffazioni, le corruzioni, le violenze che non è stato capace di combattere. Il suo stesso fallimento!

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Ecco lo spirito politico del Giornale del Sud è questo!
La verità! Dove c’è verità, si può realizzare giustizia e difendere la libertà!
Se l’Europa degli anni trenta-quaranta non avesse avuto paura di affrontare Hitler fin dalla prima sfida di violenza, non ci sarebbe stata la strage della seconda guerra mondiale, decine di milioni di uomini non sarebbero caduti per riconquistare una libertà che altri, prima di loro, avevano ceduto per vigliaccheria.
E’ una regola morale che si applica alla vita dei popoli e a quella degli individui. A coloro che stavano intanati, senza il coraggio d’impedire la sopraffazione e la violenza, qualcuno disse: “Il giorno in cui toccherà a voi non riuscirete più a fuggire, né la vostra voce sarà così alta che qualcuno possa venire a salvarvi”

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